Scontro aperto all’interno della Lega tra Roberto Maroni e Matteo Salvini. Dopo il duro attacco del governatore lombardo, che ha definito « stalinisti» i metodi del segretario del partito, è arrivata la replica di quest’ultimo. «Preferisco usare il mio (e vostro) tempo per lavorare e costruire, non per litigare o rispondere agli insulti. O l’Italia riparte in fretta, e io ci credo, o sarà tardi. Le polemiche le lascio agli altri. Scusatemi, mi conoscete, sono fatto così», ha scritto Salvini sulle sue pagine social. Tra i due comunque il rapporto è freddo da tempo. Stando a quanto riportato dal Sole 24 Ore, pesano le questioni personali, ma anche il disaccordo con il cambio di linea politica, diventata troppo lontana dal Nord e sbilanciata a destra. Nell’intervista al Foglio Maroni ha rilevato un’altra questione: «Devo anche riconoscere che in questi giorni sono stato massacrato dai miei compagni di squadra, che hanno scelto di dare alla mia vita nuova un’interpretazione del tutto arbitraria, mentre sono stato ricoperto di affetto e amicizia da un mondo politico lontano da me, e questo mi ha colpito». Il riferimento è all’sms di Matteo Renzi e «tanti altri. Ma una telefonata mi ha fatto particolarmente piacere: quella di Giorgio Napolitano. Siamo stati quindici minuti al telefono, con simpatia e affetto». (agg. di Silvana Palazzo)



CAOS LEGA E TENSIONI ANCHE CON BERLUSCONI

Il centrodestra è una bufera: dopo la Lombardia il Job’s Act e dopo ancora i vaccini. Tra Berlusconi e Salvini impegnati nella rincorsa al Governo, è spuntato ancora Roberto Maroni questa mattina che ha teso un attacco piuttosto “crudo” al suo segretario di partito, definendolo stalinista e quant’altro. Un futuro di appoggio a Berlusconi? Questo ancora non si sa e per ora il Governatore uscente della Lombardia si concentra su “una vita nuova”, ma non è escluso che nei prossimi mesi qualche “migrazione” tra Via Bellerio e Arcore potrebbe anche avvenire. Intanto proseguono le tensioni nel centrodestra: dopo le uscite di Salvini sui vaccini, anche Giovanni Toti (l’anello di congiunzione tra Meloni-Salvini e Forza Italia) ha detto la sua, «tra l’obbligo e iil divieto preferisco l’obbligo», mentre già il senatore azzurro Romani ieri aveva commentato «Non credo proprio che l’abolizione dell’obbligo vaccinale proposto da Matteo Salvini entri nel programma del centrodestra». Poi il “leninista” Maroni ha fatto il resto portando il livello di tensione e scontro, seppur controllato, ai primi punti massimi di questa neonata campagna elettorale. 



MARONI, “SALVINI È STATO STALINISTA”

Roberto Maroni ci va giù pesante e con una intera intervista rilasciata a Il Foglio questa mattina mette nel mirino il suo segretario di partito, Matteo Salvini, “accusandolo” di averlo trattato in malo modo e non per il bene della Lega (e della Lombardia). «Matteo Salvini si è comportato come un leader stalinista nei miei riguardi dopo la scelta di non ricandidarmi alla presidenza della Regione Lombardia», risponde alle domande foglianti l’ormai ex Governatore lombardo. Le decisioni personali di Maroni dietro alla scelta di non volersi ripresentare alla guida del Pirellone alle prossime Elezioni Regionali del 4 marzo ci sarebbe dunque una differente visione proprio di impostazione politica, non certo una novità in casa Lega tra Maroni e Salvini va detto. «Consiglierei al mio segretario – continua Maroni – non solo di ricordare che fine ha fatto Stalin e che fine ha fatto Lenin ma anche di rileggersi un vecchio testo di Lenin. Ricordate? L’estremismo è la malattia infantile del comunismo. Se solo volessimo aggiornarlo ai nostri giorni dovremmo dire che l’estremismo è la malattia infantile della politica». E il futuro dunque resta “fosco” non solo in Lombardia dove Attilio Fontana è dato in vantaggio ma non più in maniera così netta come lo era Maroni su Gori, ma proprio per la leadership stessa del centrodestra una netta frattura è ormai cominciata tra i leghisti: «c’è una idea diversa di politica e di giustizia, è questo uno dei tanti motivi che mi hanno spinto a ragionare su un futuro diverso, lontano da un modo di fare politica che capisco ma che, le dico la verità, proprio non mi appartiene».



“SALVINI METTE IL BAVAGLIO AI FEDELISSIMI DI MARONI”

Secondo Maroni, il segretario della Lega sapeva tutto da mesi, e dopo di lui anche Berlusconi: «è stato Salvini a concordare con me le tempistiche dell’annuncio, io sono un leninista convinto ma non avrei pensato di ritrovarmi di fronte un leader stalinista», torna a ribadirlo il Governatore lombardo dell’ultima legislatura. La replica indiretta arriva con una intervista al Corriere della Sera dello stesso Salvini: «Maroni mi ha detto di avere fatto in Lombardia tutto quello che voleva e poteva. Non ho potuto che prenderne atto. avrei preferito che si ricandidasse. Volevo che si ricandidasse. Però, ne abbiamo parlato tre volte: la prima mi ha detto che stava maturando la decisione, poi me l’ha confermato. Che potevo fare? Le scelte di carattere personale vanno rispettate e non discusse». Intanto scoppia la grana di Gianni Fava, uno dei fedelissimi leghisti del Presidente Maroni: su Facebook il deputato del Carroccio e membro della “minoranza” maroniana interna alla Lega, attacca il suo stesso segretario (nello stesso giorno in cui lo fa Maroni, ndr): «annunciata presenza al dibattito sull’autonomia delle 15 a TgCom24 è stata cancellata su espressa richiesta di un’addetta stampa del Senato che dice di essere portavoce del segretario federale. Non è certo la prima volta che succede (anzi purtroppo il boicottaggio è sistematico) – prosegue ancora Fava – però resta l’amarezza di dover constatare che ormai in quel che resta della Lega non esiste nessun rispetto per chi rappresenta  la minoranza interna sancita dal regolamento».