Il centrodestra è favorito, ma il M5s può ancora vincere, perché gli italiani continuano a volere onestà e trasparenza; Renzi sta seguendo la parabola di Fini, Salvini è sovrastimato, e tutti hanno cancellato l’Europa dalle agende. Arnaldo Ferrari Nasi, direttore di Analisipolitica, ha compiuto una simulazione sul “voto utile”. “E’ il voto — spiega il sondaggista — di coloro che oggi sono schierati, ma nei giorni precedenti il voto avranno perso convinzione sulla vittoria della propria scelta; oppure di quelli che oggi fanno parte dell’astensione, ma che alla fine andranno a votare”. 



Secondo i suoi dati di dicembre, la percentuale degli indecisi/astenuti è al 33%. Il 72% di questi elettori dice di non preferire in alcun modo nessuna delle formazioni in campo. E oggi? 

Il dato è pressoché invariato. Non c’è da preoccuparsi, un dato del genere può arrivare tranquillamente intorno al 45%. Ma non bisogna fare una correlazione diretta tra chi si asterrà al voto e questo tipo di percentuali, che invece riguardano coloro che non rispondono al sondaggio. Anzi, è per questo che è importante studiarli, perché in buona percentuale costoro, il giorno delle elezioni, andranno a votare. 



Lei esamina due scenari possibili. Nel primo il centrodestra (35%) sfida il M5s (27%) mentre Pd e alleati e Leu sono rispettivamente al 26 e al 7%. 

La mia analisi relativa al flusso del voto utile dice che il centrodestra guadagna 4 punti, M5s ne guadagna 2. Leu e Pd ne perdono rispettivamente 1 e 4. Il centrodestra batterebbe Grillo 39% a 29. I voti in uscita dal Pd andrebbero più a Berlusconi che a Grillo. (cfr. grafico n.1)  

E nel secondo scenario?

Renzi e Bersani, sapendo che insieme diventerebbero sulla carta il secondo partito, trovano un accordo. Pensando oltretutto di monopolizzare il voto utile di M5s. (cfr. grafico n.2) 



Un errore?

Sì, perché anche in questo caso il voto utile premierebbe solo di un punto il centrosinistra, avvantaggiando ancora di 4 punti il centrodestra. Finirebbe 39% contro 34. 

Come spiega il dato riguardante l’astensione?

L’Italia storicamente ha sempre avuto percentuali altissime di votanti, perché c’era il sistema proporzionale puro e tutti erano rappresentati. Anche il Mattarellum, prevedendo una quota proporzionale, salvaguardava il principio della rappresentanza dei piccoli. Poi è arrivato il bipolarismo e con esso l’astensione è cresciuta. Ora i poli sono tre, si è tornati in qualche modo al proporzionale, però nella testa della gente ormai si ragiona in chiave bipolare. Pensi che il 58%, dato di qualche mese fa, vorrebbe che “all’appuntamento elettorale fossero due soli partiti, schieramenti”. Una conseguenza di ciò è che molte persone sentono che non saranno adeguatamente rappresentate e quindi non andranno a votare. 

Qual è il potenziale espansivo di Salvini?

La sua Lega è in regressione. Ho monitorato nel tempo l’opinione degli elettori del Lega sul federalismo accantonato da Salvini. Nel 2015 per il 57% era un bene averlo messo da parte, adesso lo pensa il 40. Nel 2015 i leghisti favorevoli a un partito nazionale e non più nordista erano il 60%, nel 2017 sono il 45%. 

Come andrà nel centrodestra in campagna elettorale? 

Berlusconi aumenterà, la Meloni conserverà i suoi voti, intorno al 5%. 

Dove sono i voti ex An? Salvini ha tentato di accaparrarseli nella nuova Lega. 

E’ il motivo per cui secondo me è sovrastimato. I partiti con le posizioni più spinte quando vengono rilevati nei sondaggi ottengono percentuali maggiori perché chi aderisce ad un partito polarizzato è orgoglioso e lo dice. Dal ’95 al 2000, al contrario, An ha sempre preso più voti rispetto ai sondaggi, non si poteva dire al telefono che si simpatizzava per “gli ex fascisti”. Neanche la metà degli ex An votano oggi Meloni. Stanno alla finestra, pochi votano Grillo, Lega. Vale quanto ho detto prima: quel mondo non è più sufficientemente rappresentato: se ci fossero altri partiti, anche piccoli, ci sarebbe meno astensionismo nell’area e il centrodestra risulterebbe rafforzato. 

Il Pd è in crisi. Che cosa penalizza Renzi? La sua gestione, l’ultimo anno, le banche, il caso Boschi?

La fine politica di Gianfranco Fini resta inimitabile, è un caso di studio, ma Renzi lo segue subito dopo. Dalle promesse non mantenute al referendum, gestito da principiante, fino al governo Gentiloni, che ha cominciato a illuminarsi di luce propria, non ne ha azzeccata una. Non è più credibile. 

Cosa vogliono gli italiani?

Ciò che gli italiani chiedono come prima cosa alla classe politica sono ancora l’onestà e la trasparenza al primo posto per il 55% degli elettori, erano il 68% nel 2015, più che l’esperienza nel saper fare le cose e il rilancio dell’economia che resta al 32%, o il proteggere gli italiani dall’immigrazione e dal diktat europeo, che equivale più o meno al 7% (era l’8%). 

Onestà e trasparenza non sono elementi che avvantaggiano M5s?

Infatti è così. Diciamo che l’accento su onestà e trasparenza, insieme al fatto che centrodestra e centrosinistra non abbiano saputo offrire al paese una visione e una gestione radicalmente alternativa, favorisce i 5 Stelle, diminuendo virtualmente per il centrodestra la possibilità di vincere. 

Il tema Europa/euro quanto influisce sul voto?

Sono dieci anni che sottopongo agli intervistati due affermazioni: “Bisogna arrivare appena possibile ad una sorta di Stati Uniti d’Europa con leggi comuni e governo comuni”, e “Meglio un sistema con gli stati indipendenti ma con la politica estera e la difesa militare in comune”. Nel 2009 era a favore il 55%, nel 2017 il 69%. Il tema si è sgonfiato in modo impressionante perché tutti i potenziali oppositori si sono resi conto che il trend della popolazione era pro Europa e non contro. Non è un caso che il tema sia sparito dall’agenda di Berlusconi, si sia drasticamente ridimensionato in Salvini e Di Maio abbia fatto una giravolta sull’euro. 

Quindi è lontanissima l’idea che ci sia un nesso tra Europa, euro, austerità e crisi.

In certi campioni rappresentativi può anche esserci qualcuno che saltuariamente tende a incolpare la Germania, ma sono temi estremamente complessi. Non dimentichiamo che siamo un paese di anziani e i giovani di 25-34 anni che hanno al massimo la terza media sono ancora il 26% (dato Istat 2016). Molti altri pensano che prima di far debiti, dovremmo “far bene i compiti a casa”.

Quindi che idea di Europa prevale?

Quella della direzione in cui bisogna andare, anche se magari razionalmente oggi non conviene, per cui bisogna impegnarsi perché funzioni meglio.

(Federico Ferraù)

Grafico n. 1

Grafico n. 2