Chi ha pensato che nella 17esima legislatura Angelino Alfano fosse il docile e servile cane da compagnia di Matteo Renzi non poteva immaginare che uno degli uomini apparentemente più in rotta col segretario del Pd, e cioè il presidente del senato Pietro Grasso, potesse trasformarsi in una sorta di cane da pastore incaricato di riportare all’ovile le pecorelle smarrite.
“Liberi e uguali è per noi un luogo dal quale contribuire a rifondare la sinistra, cosa che si può e si deve tentare prescindendo dall’attuale gruppo dirigente del Pd ma non dall’elettorato democratico e progressista che non capirebbe una nostra scelta di indifferenza sull’esito delle elezioni regionali. Abbiamo e avete il dovere di provarci. Parlare con i presidenti candidati, verificare le possibili convergenze per un programma di governo regionale è un passo indispensabile. Poi ci spiegherete se l’alleanza è possibile o no. Magari facendoci partecipare alla scelta piuttosto che facendocene prendere atto dalla stampa”. Lo si legge in un documento di numerosi dirigenti della Cgil di Leu che hanno sottoscritto un appello al neo-leader della formazione di sinistra Pietro Grasso ma che i bene informati ritengono “auspicato” dallo stesso ex giudice affinché persegua il tentativo di alleanza elettorale alle Regionali di Lazio e Lombardia fra Leu e Pd, a sostegno di Nicola Zingaretti e Giorgio Gori.
“Se Leu alle prossime elezioni regionali in Lombardia e Lazio sosterrà i candidati del Pd tradirà la scissione e la sinistra e tutto il suo elettorato gli volterà le spalle”. Lo paventa, non certo disinteressatamente, il leghista Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato. “Che delusione questa sinistra — afferma —. Sono da sempre lontanissimo da partiti come Liberi e uguali, tranne per qualche posizione sul sociale, ma a livello personale nutro stima sincera per Grasso, Bersani ed altri loro esponenti cui riconosco il coraggio di aver mandato a gambe all’aria il segretario del maggior partito della sinistra, anche se poi Renzi non era di sinistra. Per cui tanto di cappello a chi ha avuto il coraggio, a fronte di un seggio sicuro, di intraprendere una strada veramente di sinistra, ma se oggi questi signori ipotizzano di andare a sostenere, mettendosi in coalizione, i candidati del Pd alle regionali nel Lazio e in Lombardia, allora crolla tutto e a quel punto tanto vale che facciano pace e tornino sotto le insegne del Pd. Tanto più — prosegue Calderoli — che non prenderebbero nemmeno un voto né alle politiche né alle regionali, perché non sarebbero più credibili. Passi per Zingaretti che almeno ha una storia di centrosinistra, ma è inaccettabile anche solo pensare che appoggino uno come Gori che è veramente l’emblema del renzismo, di quella politica fatta solo sui social, nei salotti buoni e nelle banche, dimenticandosi il mondo reale, di chi lavora, di non arriva a fine mese, di chi ha i veri problemi”.
Dove sta la verità? Ha ragione Calderoli o Grasso è sincero nel tentativo di voler ridare unità ad una sinistra lacerata e confusa? In realtà l’abbandono del Pd da parte di Grasso era avvenuto in modo sorprendente, tenuto conto che non aveva mai contrastato in nessun modo la protervia e l’arroganza di Renzi nell’aula del senato. Più che l’alfiere di una rottura a sinistra sembrerebbe avere il profilo di un mediatore del recupero della sinistra. E’ siciliano Grasso. Non è facile comprenderne i disegni. E forse non è il solo siciliano di cui non si conoscono i piani per la salvaguardia del centrosinistra italiano.