Si mormorava ormai da tempo che Roberto Maroni, Governatore della Lombardia, non si sarebbe ricandidato alle elezioni regionali di marzo 2018 che, tra le regioni al voto, vedono appunto quella da lui guidata in questo quinquennio. Sembrava davvero impossibile che Maroni rinunciasse a una vittoria scontata, ma tant’è… è stato lui stesso a sciogliere ogni indugio, comunicando di volersi ritirare a vita privata.
Classe ’55, Roberto Maroni ha avuto un significativo percorso istituzionale ricoprendo svariati incarichi da Ministro prima di essere eletto alla guida della regione più europea d’Italia. È stato in particolare agli Interni e, anche, al Welfare sotto la cui guida (2003) veniva attuata la legge “Biagi”, intitolata al grande riformista a cui Bobo Maroni – neo Presidente di Regione Lombardia (2013) – dedicava una grande sala di Palazzo Lombardia.
Davvero Maroni lascia per ritirarsi a vita privata? Ciò al momento non è dato sapersi, pare comunque improbabile che un uomo con questo percorso istituzionale – ovunque è andato ha fatto cose buone – interrompa la sua carriera politica a 62 anni. Ricorderanno in molti, tuttavia, che da tempo si fa il suo nome come uno dei papabili candidati premier del centrodestra, molto gradito a Berlusconi perché Maroni è persona seria e leale oltre che decisa: qualità che il leader di Forza Italia sa essere oggi apprezzate anche da moltissimi italiani, forse più preoccupati di ieri della sostanza che della retorica.
Sarà questo il suo destino? Ciò che sappiamo è che il numero uno di Forza Italia intorno a sé nel suo partito non ha grandi scelte da compiere: ciò non è necessariamente da intendersi per colpa degli altri, semplicemente Berlusconi – che oggi non ha più la forza di governare il suo movimento – si fida poco e non reputa nessuno all’altezza di farlo. La stima che Berlusconi ha per Maroni viene da lontano, ma oggi ha raggiunto i livelli più alti; e l’attenzione che ha posto in questi giorni ai temi del lavoro, dell’occupazione e del welfare non pare casuale e fa pensare che sia proprio oggetto della sua intesa con Maroni (che al Welfare fece molto bene e che anche in Lombardia ha gestito il modello più avanzato di politiche del lavoro in Italia).
Non sarà sfuggito ai più informati che Berlusconi, dicendo soprattutto “giusta la riforma Fornero”, si allontana da Salvini. Sarà un caso che il segretario della Lega e Maroni hanno bisticciato piuttosto platealmente? Sarà un caso che Berlusconi dice “se la sinistra accetta il nostro programma, possiamo intenderci”? Non è che forse sta guardando al centro? E nel centro, appunto, per Salvini posto non ce n’è.
Ciò che sarà nel dopo elezioni, è difficile da prevedere. Dopo il voto, con questo sistema, i partiti conteranno le loro forze e decideranno che strade prendere. Chiaro è che una delle soluzioni, magari non immediate, potrebbe essere quella di un centro in cui Berlusconi farà ancora la sua parte avendo bene in mente ciò che diceva il grande Indro Montanelli: “I nostri uomini politici non fanno che chiederci a ogni scadenza di legislatura un atto di fiducia. Ma qui la fiducia non basta: ci vuole l’atto di fede”. Ecco perché Silvio – al di là del meccanismo dei voti con cui i partiti solitamente si dividono i dicasteri – vuole uomini di esperienza e capaci: di Paolo Gentiloni, Carlo Calenda e, appunto, Roberto Maroni sentiremo ancora parlare nella prossima stagione che non può non darsi come priorità assoluta quella del lavoro.
P.S.: Per incidere significativamente sull’economia, in modo da generare risalite occupazionali, non si può prescindere da una riforma che alleggerisca il carico fiscale su imprese e famiglie; su questo, siamo sicuri che al momento nemmeno Berlusconi ha un’idea valida.
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