Silvio Berlusconi a Bruxelles tesse le lodi dell’Europa: “L’Europa è imprescindibile e speriamo che torni a quella dei padri fondatori, occorre che si rafforzi e che si dia una politica estera e della difesa comune, questo ci farebbe risparmiare miliardi di euro e la farebbe diventare una potenza mondiale per poter contare sul tavolo del grandi nel futuro del mondo”. E garantisce che la coalizione di centrodestra, se incaricata di governare l’Italia, rispetterà il parametro del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil.
Nel partito popolare europeo, che riunisce 73 partiti moderati europei, si è consolidata la convinzione che in Italia si debba puntare su una vittoria del centrodestra. Quindi, via libera anche a una coalizione con la Lega Nord e Fratelli d’Italia, a patto che a guidare l’alleanza sia Forza Italia.
Ma anche dentro le istituzioni Ue, Berlusconi è percepito come l’unico politico in grado di garantire stabilità all’Italia, comunque vadano le elezioni.
Meglio un atteggiamento critico ma costruttivo verso l’Europa come quello che ha sempre avuto Forza Italia, spiegava nei giorni scorsi una fonte della Commissione, che gli estremismi o leader che passano il tempo a mettere e togliere la bandiera Ue da dietro la scrivania. Chiaro riferimento ai 5 Stelle e a Matteo Renzi.
Nel Ppe si comincia a sdoganare addirittura il termine populismo perché si fanno i conti con un’opinione pubblica, anche moderata, che ha poca fiducia nelle istituzioni europee. Per questo si torna a B.
Renzi capisce la solfa e prova a scavalcarlo rilanciando addirittura gli Stati Uniti di Europa. Ma gli viene male e serve solo ad incrementare un’immagine guastata dalla fama del “bomba”. Uno che le spara grosse e non crede in quello che dice.
A Bruxelles insomma si torna per realismo a puntare sul carismatico federatore della moderata e rissosa indole italica.
A Berlino intanto nasce la grande coalizione. A Roma si spera che le elezioni portino in dote i numeri per un qualsivoglia governo. A Bologna solo Casini.