Difficile scegliere fra le “non-ovvietà” giunte ieri sia dal premier Paolo Gentiloni, sia dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Naturalmente le battute del premier da Davos hanno fatto più notizia. Ma lo hanno fatto ancor di più, per molti versi, dopo le risposte serali di Calenda a Bianca Berlinguer.
“Non interessato a una coalizione” con il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. Fiducioso che al voto del 4 marzo “non trionferanno i populisti e gli anti-europei”. Tranquillo per i risultati ottenuti dal suo governo, il cui impegno “finisce con le elezioni”. In margine al World Economic Forum, Gentiloni ha detto cose attese, per buona parte scontate: ma non del tutto. Che il premier in carica per il Pd con una maggioranza di centrosinistra tenga alta la guardia in campagna elettorale contro l’opposizione di centrodestra è in sé comprensibile. Però un esecutivo di coalizione fra il Pd e il centrodestra di Berlusconi (o almeno Forza Italia) è tuttora l’ipotesi-base su cui lavora — si dice — il leader del Pd Matteo Renzi. Ed è certamente una delle opzioni sul tavolo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per favorire un prevedibile stallo post-elettorale in Parlamento. Un’opzione cui sarebbe funzionale — secondo molti osservatori — l’attuale permanenza in carica dello stesso Gentiloni. Il quale però, in un summit internazionale affollato di leader europei come Angela Merkel e Emmanuel Macron, si mostra freddo verso una coalizione Renzi-Berlusconi. E — questo è forse l’accento nuovo di giornata — sembra sottolineare il voto del 4 marzo come cesura: non solo fra due legislature, ma fra due stagioni politiche. Niente “continuità” di principio. Forte impegno, invece, contro i “populismi anti-europei” (quindi verso quelle forze politiche che caratterizzeranno il loro antagonismo in senso anti-europeo).
Calenda stesso ha scelto una sede televisiva “d’opposizione” come “Carta Bianca” (condotta dalla figlia del più autorevole segretario del Pci dopo Togliatti) per confermare che non sarà candidato, cioè che non ha né cercato né accettato proposte di candidatura né da Renzi né da Berlusconi. A Calenda — non eletto nel 2013 nelle liste di Scelta Civica — piacerebbe continuare l’esperienza di “ministro tecnico”, ma “dipende da quale governo: solo con un governo di cui condividessi le idee e non credo molto nelle grandi coalizioni all’italiana”. Esclude, Calenda, di “essere chiamato a fare il premier: c’è Gentiloni, è figura forte”. In controluce rispetto all’apparente scontatezza, per sottrazione, anche Calenda sembra respingere l’inevitabilità, la quasi-obbligatorietà di un governo “Renzusconi”. Il ministro ex montiano preannuncia anzi che voterà “per il centrosinistra”.
Dunque: non è utopia pensare a un governo di centrosinistra in cui un tecnico come Calenda si troverebbe di casa. Il passo, ancora una volta, sembra breve verso quel “governo del Presidente” ventilato da Massimo D’Alema: accogliendo in pieno tutte le ragioni della governabilità difficile che assillano Mattarella, il grande sponsor di Gentiloni come “riserva della Repubblica”. E tutto questo avviene nei giorni del divorzio fra Beppe Grillo e M5s, mentre il candidato premier Luigi Di Maio non lascia quasi passar giorno senza smussare gli angoli populistici — e soprattutto anti-europei — del magma (ex) grillino. Matteo Salvini, invece, è invece costretto ogni giorno a marcare l’antagonismo anti-europeo della Lega, soprattutto verso Berlusconi, che invece sta annacquando il suo.
Le “mani libere” discretamente rivendicate da Gentiloni e le mosse di Calenda non hanno fatto comunque che confermare che sono in corso tentativi di creare un “secondo forno” nel centrosinistra (una coalizione Pd-Leu con qualche forma di appoggio da parte M5s). Uno scenario alternativo a quello che, si sussurra, sta prendendo preso forma al centro: con una possibile disarticolazione immediata del centrodestra e una saldatura di coalizione fra Forza Italia, “quarta gamba” e parti della Lega guidate da Roberto Maroni da un lato, e neo Partito della Nazione renziano dall’altra.