Fatte le liste e visti i nomi, scopriamo cosa c’è dietro. Per Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità e notista politico di Lettera 43, l’argomento ha sempre interessato poco gli elettori, ma questa volta l’opinione pubblica non ha potuto fare a meno di notare cose che non potevano passare inosservate nella loro enormità: “Mai in precedenza Forza Italia e Pd o anche Ds avevano presentato dei candidati, quelli eleggibili naturalmente, così simili che fra loro non si nota più alcuna differenza politica. Il che ci porta ovviamente al pensiero dell’alleanza dopo il voto tra i due partiti, che io ormai definisco ‘partiti fratelli'”. Non solo. Caldarola ci fa capire come Renzi abbia fatto nel suo partito una piazza pulita di pura marca stalinista: “Ha eliminato completamente tutti gli uomini dei suoi possibili rivali alla leadership, ad esempio Delrio, la persona senza la quale non sarebbe mai uscito dal comune di Firenze e che gli ha permesso la scalata al potere. Cose che facevano Lenin e Stalin”. Ma la novità di ieri sono le parole di Romano Prodi.



Romano Prodi, che è ufficialmente fuori dai giochi elettorali, ha dichiarato che “Renzi, il Pd e chi ha fatto gli accordi con il Pd sono per l’unità del centrosinistra, D’Alema, Grasso e Bersani in questo momento non lo sono”. Come giudica questa affermazione?

La considero ingiusta. Direi che Prodi stia inseguendo fantasmi del passato, il Pd di Renzi non è il suo Pd. E’ un’affermazione ingenerosa che non tiene conto di come è cambiato radicalmente il Pd di Renzi rispetto a quello di Veltroni. E’ comprensibile che avvicinandosi il voto ognuno scelga ciò che gli piace e a Prodi la tradizionale sinistra non è mai piaciuta.



A giudicare dalle liste di Forza Italia e Pd, sembra che Berlusconi e Renzi si siano scelti dei “fedelissimi”, yes men che garantiscano al cento per cento fedeltà ai loro leader. E’ così?

Assolutamente sì. Sulle liste c’è sempre stata grande discussione, grandi liti, ma questo succedeva in passato. Questa volta le liste modificano la natura dei partiti.

In che senso?

Nel senso che i segretari dei partiti con queste liste hanno deciso di creare una classe dirigente interamente fedele a se stessi e quindi di crearsi una sorta di partito nel partito.

Cosa comporta questo?



E’ una novità singolare che ha dato luogo a fenomeni sgradevolissimi quali le pluricandidature. Qualche settimana fa si pensava alla difficoltà di trovare un posto all’onorevole Boschi: ebbene la troviamo in liste che vanno da Bolzano alla Sicilia. E’ una cosa mai accaduta.

Come reagiranno gli elettori secondo lei? Malcontento? Abbandono del partito?

In generale gli elettori non sono influenzati dal modo in cui si fanno le liste. Questa volta però di fronte all’opinione pubblica si è svolta una operazione di repulisti gigantesco che non è sfuggito all’attenzione della gente. Nel caso del Pd è stata completamente estirpata la sinistra tranne pochissimi nomi. Ma soprattutto le liste di Forza Italia e Pd si assomigliano in modo inquietante.

Che cosa intende?

C’è stato un tempo in cui il candidato di Forza Italia era molto diverso da quello del Pd o di Ds o anche della Margherita. Oggi abbiamo candidati che passano da una parte all’altra senza il minimo scrupolo. In Basilicata il candidato del Pd è un ex sottosegretario di Berlusconi, poi abbiamo Casini a Bologna. Ma al di là di questo io non vedo differenza fra la massa di candidati eleggibili del Pd e quelli di FI dal punto di vista politico. Per capirci: fra Pisapia e Nitto Palma c’era una grande differenza politica, oggi un candidato del Pd presentato in 5 collegi assomiglia a un candidato di FI in altrettanti collegi.

Il che ci porta al ben noto tormentone: FI e Pd sono già d’accordo ad allearsi dopo il voto.

I due partiti si assomigliano tanto che la vera futura azione politica è che vadano al governo insieme.

Ma non hanno i numeri per fare una maggioranza.

No, infatti, Forza Italia viaggerà tra il 16 per cento e il miraggio del 20, il Pd per quanto possa cedere ancora credo non scenda sotto il 20. Insieme non fanno una maggioranza, ma possono però, in base alla legge elettorale esistente, fare due gruppi elettorali consistenti che non sono in grado di dar vita a un governo ma possono diventare entità intorno a cui se ne forma uno.

In che modo?

Un patto di ferro fra questi due partiti fratelli, di modo che ogni possibile maggioranza parlamentare passi da loro. Il che impedisce ai 5 Stelle di fare qualunque cosa.

Massimo D’Alema in una recente intervista al Corriere ha detto qualcosa di simile suggerendo però coalizioni diverse. Leggendo fra le righe sembra suggerisca una alleanza Pd-Liberi e uguali e parte di M5s. Che ne pensa?

Credo che possiamo far molte ipotesi sul dopo voto. Per quanto riguarda i 5 Stelle non sappiamo come sarà il dibattito interno dopo il voto, Di Maio è l’unico che parla di alleanze ma a Grillo non piacciono. La formula usata da D’Alema si riferiva però al ragionamento che dice che il presidente della Repubblica se si trova nell’impossibilità di dar vita a una maggioranza e avendo la necessità di dare un governo al paese, ne formerà uno con compiti limitati, ad esempio rifare questa ignobile legge elettorale peggiore del Porcellum. Un governo di scopo con obbiettivi talmente limitati che prevalgono il tempo, la durata  e gli obbiettivi che deve raggiungere. Ma l’ipotesi di una cosa che vada da Liberi e Uguali ad altre componenti fuoriuscite dal Pd fino a Grillo mi sembra suggestione fantapolitica.

Lo scontro nel Pd sulle liste fra Renzi e la minoranza orlandiana avrà delle conseguenze?

In realtà lo scontro vero non è fra questi, quello è un déjà vu. Il dato vero è che Renzi ha tolto a tutti i suoi competitor per la leadership gli uomini chiave, ha depennato candidati vicini a Delrio, a Gentiloni e a Minniti. Dovunque si è affacciata in questi mesi l’ipotesi di un candidato premier, Renzi ha mandato a casa gli uomini di queste aree.

Cioè ha fatto il deserto intorno a sé.

La partita della sinistra nel Pd è finita da tempo, da quando c’è stata la scissione. Il tema politico da affrontare è perché Renzi abbia voluto dare un tale colpo ai suoi più fedeli collaboratori dicendo io mando via i vostri uomini. Senza Delrio presidente dell’Anci Renzi non usciva neppure dal comune di Firenze, è Delrio l’autore della scalata di Renzi eppure Renzi ha eliminato i suoi uomini con una durezza superiore a quella che ha usato con la sinistra. Questo è stalinismo senza il comunismo, ovvero il mio amico è il mio peggior nemico.

Secondo recenti sondaggi Emma Bonino è fra i leader più apprezzati e in grado di raccogliere forte consenso, questo significa che porterà via voti al Pd?

Questa ipotesi è verosimile, molti elettori del Pd che non vogliono votare Renzi ma non vogliono andare più a sinistra o nell’astensione troveranno in Bonino un esponente classico dei diritti civili, nel momento in cui Salvini mette in cantiere l’abolizione di tutti i diritti civili. Può effettivamente diventare un polo attrattivo. 

Un suo forte peso nel centrosinistra potrebbe mettere in crisi l’alleanza con Berlusconi?

Personalmente Emma Bonino è una donna che adoro, ma è contraddittoria. Tanto è avanzata sul tema dei diritti civili, dell’immigrazione e sulle grandi questioni sociali come la fame nel mondo, tanto è ultraliberista sui diritti sociali e sindacali. E’ una parte della cultura dei radicali fortemente di destra che è sempre esistita. Quindi se Berlusconi non mette in discussione cose come le unioni civili o se non blocca lo ius soli non si opporrà mai a lui.

(Paolo Vites)