La spassosa vicenda dei sacchetti biodegradabili che ha confermato la tendenza del Pd a fare clamorosi autogol a poche settimane dalle elezioni politiche non è appena una “fake news”, come vorrebbe etichettarla un sistema mediatico sempre più ripiegato sui diktat di Largo del Nazareno. È piuttosto un problema di trasparenza o meglio di traspaRenzi. Non a caso la tendenza a fare il gioco delle tre carte per favorire gli amici, più volte rimproverata al leader fiorentino, non si manifesta solo nella manina che ha rilanciato con provvedimento ad hoc il fatturato di aziende come quelle della renziana Catia Bastioli, come sostenuto da più parti, quanto piuttosto in una partita ben più complessa come la proposta del Pd di abolire il canone Rai. E’ questo, come il precedente, un caso di gioco delle tre carte e lo rileva per primo un membro dello stesso governo dei democratici di sinistra.
“Spero che l’idea di abolire il canone Rai sostituendolo con un finanziamento dello Stato non sia la proposta del Pd per la campagna elettorale come riportato da Repubblica. I soldi dello Stato sono i soldi dei cittadini e dunque sarebbe solo una partita (presa) di (in) giro”, ha twittato Calenda, spiegando che il “Governo Renzi ha messo il canone in bolletta e non si può promettere in campagna elettorale il contrario di quello che si è fatto al Governo. Per di più se si vuole affrontare la questione del canone allora si ragioni su privatizzazione della Rai altrimenti è una presa in giro. E da ultimo non si sa perché, dopo aver fatto tante cose serie e buone per la crescita, gli investimenti e l’occupazione, vedi dati Istat di oggi, si debba ricadere sulla linea delle promesse stravaganti a tutti su tutto. È un peccato”, ha aggiunto Calenda.
Immediata la replica di Anzaldi, tonitruante agit-prop renziano che conferma e difende l’ipotesi: “Caro Calenda, se tagliamo 1,5 miliardi spesa pubblica ed eliminiamo canone Rai i cittadini pagano meno. Altro che presa in giro: serve processo modernizzazione ed eliminazione sprechi unici in panorama tv con risparmio immediato 500mila euro. Far risparmiare cittadini come con stop Imu”.
Ma fermo restando che, come dice Calenda, si tratterebbe di una partita di giro perché i soldi delle tasse dei cittadini verrebbero dirottati verso un finanziamento statale a Viale Mazzini, chi potrebbe essere in questo caso l’amico di Renzi pronto ad avvantaggiarsi dell’iniziativa? A chi farebbe comodo cioè che un effetto collaterale di questa modifica possa essere, per esempio, in presenza di un finanziamento dello stato alla Rai, l’imposizione di un tetto ben più stringente alla pubblicità per la televisione pubblica?
Si torna cioè al punto di esordio della conquista del potere da parte di Renzi nel 2014. Renzi ha bisogno di Berlusconi. Lo rende evidente ancor più il fatto che fuori dai fasti del patto del Nazareno, Matteo appare incapace di trovare alleati. #Avanti allora come recita l’hashtag renziano su Twitter e chissà che, come la Bastioli, anche Silvio non intervenga dal palco di una delle prossime Leopolde. Fredda però per il momento la reazione di Arcore. Affidata alle parole del capogruppo al senato Paolo Romani: “E’ una proposta che non tiene conto dell’equilibrio trovato in questi anni nel sistema radiotelevisivo, non se ne capisce il senso”. Come dire: Matteo gira alla larga, a Forza Italia saremo anche gufi ma non allocchi!