Si dice: chi tace acconsente. E molti, negli ultimi tempi, hanno insolitamente taciuto: Gentiloni sul caso Rai e Renzi sul contestato simbolo della lista Lorenzin.

Mai come in questi casi il silenzio è parso d’oro e per niente disinteressato. L’idea che il premier possa essere stato preso alla sprovvista dall’arcigna presa di posizione del ministro Calenda sul canone Rai contro la proposta di abolizione lanciata dal segretario Pd, appare assai inverosimile. Come singolare è parso il “disinteresse” di Renzi alla disputa sul simbolo dei centristi — suoi alleati — contro il quale Rutelli, alter-ego politico dell’ex sindaco di Firenze e “proprietario” dell’eredità margheritina, si è scagliato.



Bizzarrie di una politica in vacanza? Niente affatto! Semplicemente calcolo politico e interesse elettorale (o post): ingredienti esplosivi di un pre-voto che somiglia sempre più a un redde rationem.

Così, se da un lato Gentiloni non ha convenienza a penalizzare il Pd ed il suo segretario (possibili sponsor di un suo bis), dall’altro ha tutto l’interesse a far emergere un Renzi divisivo, in dissidio persino con i suoi stessi ex-ministri come appunto Calenda e rafforzare — se ancora vi fosse bisogno — la propria immagine di uomo di sintesi e di mediazione pronto allo schioccar di dita del Colle più alto.



Sul fronte opposto Renzi, pur non potendo benedire ufficialmente la levata di scudi di Rutelli perché in fondo i centristi sono pur sempre un’importantissima “riserva indiana”, vede di buon occhio ogni ostacolo ad una riproposizione del simbolo della margherita (sebbene diverso da quella rutelliana a 16 petali) al fine di scongiurare ogni possibile erosione di consensi dal Pd — già molto in affanno — verso il centro. Quindi, zitti e mosca.

E chi tace … conviene!

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