Continua la crociata di Luigi Di Maio contro i finanziamenti pubblici all’editoria. Come riportato da Il Sole 24 Ore, il capo politico M5s al termine di un vertice notturno con i ministri pentastellati ha indicato due priorità: un “azzeramento” progressivo dei finanziamenti pubblici all’editoria e una stretta maggiore di quella prevista sulle spese dei ministeri. Di Maio avrebbe insistito:”Serve ridurre auto blu e voli di Stato in primis”. Un plauso è andato ad Elisabetta Trenta, titolare della Difesa che ha già tagliato 500 milioni:”Ottimo lavoro, nessun ministro ci era riuscito” avrebbe affermato Di Maio. Al vertice, cui hanno preso parte anche diversi viceministri sottosegretari (da Laura Castelli a Angelo Tofalo fino a Stefano Buffagni) e anche i capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli si è ribadita dunque la necessità di tagliare i costi della politica:”Sono le nostre battaglie ed è ciò che abbiamo promesso agli italiani”, ha chiarito Di Maio”. (agg. di Dario D’Angelo)
DI MAIO E LA GUERRA AI FINANZIAMENTI DELL’EDITORIA
Se diciamo che tra Luigi Di Maio e i giornali italiani (o almeno la maggioranza delle testate nazionali) non corra buon sangue, non solo non ci sbagliamo mai ma rischiamo sempre di essere “superati” dagli eventi: ieri sera, uscendo da Palazzo Chigi dopo l’ennesimo vertice sulla Manovra, il Ministro del Lavoro ha annunciato a fianco di Salvini e Conte che sarebbero pronti nuovi tagli per finanziare la Legge di Stabilità. In particolare, ha chiesto con forza alla maggioranza di inserire in Manovra il progressivo azzeramento dei finanziamenti pubblici ai giornali, oltre al taglio dei costi della politica come spieghi di auto blu e voli di Stato. «Sono le nostre battaglie ed è ciò che abbiamo promesso agli italiani», ha sottolineato Di Maio con forza, giusto pochi giorni dopo l’attacco diretto a Repubblica ed Espresso (rei di “pubblicare fake news contro il Governo”) che hanno controrisposto, anche oggi, con diversi editoriali di “difesa della libertà di stampa”. Non passano neanche poche ore che Di Maio rilancia con la vicenda del finanziamento. Ma un problema sorge alla base del neo-attacco grillino: quei fondi all’editoria, in realtà, non ci sono più. Da anni.
M5S A CACCIA DI FONDI PER LA MANOVRA
L’ultimo vero intervento normativo sui fondi pubblici ai giornali è il decreto legislativo del 2017, su impulso di un’altra legge del 2016 che circoscriveva il perimetro degli aiuti a poche categorie. Cooperative giornalistiche, quotidiani espressioni “di minoranze”, diffusi all’estero: in questa risma ci sono, tra gli altri, Libero, l’Avvenire, Il Manifesto. Niente Stampa, Repubblica, Fatto Quotidiano, Giornale, Corriere della Sera, ovvero i maggiori quotidiani di carta stampata che il leader M5s mal sopporta da tempo e contro qui ha più volte lanciato campagne anti-fake news: per legge non sono più esistenti i “finanziamenti pubblici all’editoria”. E allora Di Maio cosa vuole abolire? Di preciso non lo sappiamo, anche se potrebbe rivalersi sulla pubblicità in dote alle aziende di stampa: giusto qualche giorno fa Di Maio aveva chiesto di intervenire contro le pubblicità commissionate dalle aziende a partecipazione pubblica, chiedendo loro di interrompere il rapporto. La rivolta della Federazione Nazionale Stampa (FNSI) placò subito la proposta, ricacciata indietro e non più considerata in CdM: «Non saranno certo gli editti di qualche federaletto di provincia ad impedire ai giornalisti italiani di compiere ogni giorno il loro dovere». La Manovra ha bisogno di fondi, e tanti visto i problemi attuali, ma sull’editoria non sembra proprio ci sia il margine per un qualche intervento ulteriore, che piaccia o non piaccia a Luigi Di Maio.