Pantomima. L’investitura di Minniti a candidato a segretario Pd assomiglia molto al più tipico dei cavalli di Troia. Una mossa ordita alla corte renziana per togliere di mezzo un avversario potenzialmente scomodo, assolutamente più titolato ed ammanicato del presidente della regione Lazio Zingaretti. Un candidato autorevole da “bruciare” o, nel peggiore dei casi, da “influenzare”.
Molti gli indizi. Innanzitutto l’estrazione “comunista” del neo-candidato, che oltre ad apparire poco lungimirante sul fronte ex-Ds perché andrebbe a dividere l’elettorato con Zingaretti, non rappresenterebbe in alcun modo l’anima più viva del partito. Ovvero l’anima cattolica a cui, fra l’altro, Renzi ha sempre ed orgogliosamente ricordato di appartenere.
Ma c’è di più. Negli scorsi giorni, anticipando molto i tempi — ed in politica i tempi sono tutto —, l’ex ministro Graziano Del Rio, cattolico e renziano “conclamato”, ha avanzato, molto sommessamente ma chiaramente, la richiesta di un candidato unitario. Una fuga in avanti azzardata e poco meditata che se da un lato era volta a togliere di mezzo Zingaretti, dall’altra rischiava di favorire, sconsideratamente, l’ascesa di Minniti già da tempo lanciato (ufficiosamente) verso il soglio del Nazareno.
Dopo tutto questo bailamme di dichiarazioni, prese di posizione e candidature (oltre a Nicola Zingaretti sono già in campo Francesco Boccia, Matteo Richetti e, si mormora, il giovane turco Matteo Orfini), l’uscita dei 13 sindaci renziani è parsa doverosa da un lato per insidiare sul suo terreno — ovvero a sinistra — Zingaretti, e dall’altro per lasciare intonso tutto quel campo di consenso che è il mondo della Leopolda. Quel mondo cattolico, motore degli anni ruggenti della rottamazione e che, pur nella delusione, è rimasto e sta ritornando a sperare in un “progetto renziano”. Quel mondo — di centro — da cui, una volta scongiurata la candidatura Minniti, arriverà il vero candidato dei renziani sia esso unitario o di parte.
Il candidato che con ogni probabilità, come è accaduto in Toscana con la proposta in extremis ma vincente di Simona Bonafè (fedelissima renziana anticipata anch’ella da una candidatura “farlocca”), avrà l’onere di guidare il (fu) Pd verso un nuovo progetto politico. Ed il cerchio sarà chiuso!