Oltre alle dichiarazioni riportate dalle agenzie e dai vari media, pare che ci sia un grande “traffico” postale tra Bruxelles e Roma, insomma tra l’Unione Europea e l’Italia, a proposito della manovra di bilancio. Dopo le dichiarazioni di Jean-Claude Juncker, ieri è stato il tedesco Günther Oettinger, commissario europeo al Bilancio, ad annunciare che oggi o al massimo venerdì arriverà la lettera del commissario agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, che di fatto ribadisce quello che è ormai noto a tutti: “E’ stato confermato che la bozza di bilancio italiana non è compatibile con gli impegni a cui sono tenuti i Paesi dell’Ue”.
La prosopopea delle dichiarazioni dei commissari che fanno gli annunci ricorda gli ultimi fuochi liturgici di quella potenza spagnola che stava declinando dopo Carlo V e Filippo II.
A questa magniloquenza replicano Salvini e Di Maio, con battute irriverenti. Mentre chi si è fatto battere dalla suddetta coppia, cerca di svicolare, prendendo posizioni antitetiche ma problematiche tra un’Europa quasi al tramonto e un governo italiano indecifrabile come visione politica. Le opposizioni nostrane promettono “rifondazioni” e “ripartenze”, magari mettendosi a frequentare il popolo dei “mercati rionali”, oppure sfoderando, come l’impareggiabile senatore a vita Mario Monti e i suoi supporters “intelligentissimi” o i ministri del suo governo (ricordato come un incubo), una sapienza economica che ha di fatto provocato, con le sue teorie, prima una crisi devastante e poi una stagnazione altrettanto devastante, con i poveri che in Italia e in Europa crescono e si contano a milioni. Quelli italiani sono ormai 5 milioni e mezzo secondo la Caritas.
E’ uno scontro da farsa — quello tra Italia e Unione Europea — con contorni drammatici, che prefigura lo scontro previsto per maggio, quando si andrà al voto per eleggere il nuovo Parlamento europeo, dove si potrebbero registrare spaccature profonde, con il rischio dello smembramento o di rimanere insieme appiccicati con la colla.
Particolare non secondario di questi prossimi due giorni è che la lettera all’Italia arriverà proprio mentre Pierre Moscovici farà una visita a Roma, prima al ministro dell’Economia italiano, Giovani Tria, e poi, per “cortesia istituzionale”, al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, forse per scusarsi degli sconfinamenti della gendarmeria francese a Clavière, al fine di respingere migranti che volevano entrare in Francia passando dall’Italia. E’ il trionfo dell’ipocrisia e dell’incapacità di tutta la classe dirigente europea.
In un cocktail micidiale di insipienza e banale crudeltà, si va dallo squallido episodio dei bambini “separati” nelle scuole di Lodi (perché i genitori dei migranti non presentano l’Isee) alle farneticazioni dei burocrati di Bruxelles e dei vari politici tedeschi e francesi. Con l’altalena delle accuse reciproche e la dichiarata (ipocritamente) volontà di discutere.
E’ uno scenario grottesco, che prefigura di fatto, un grande e drammatico ridimensionamento del ruolo dell’Europa e un quadro geopolitico futuro mondiale che sarà caratterizzato solo dalla nuova egemonia degli Stati Uniti, dalla Russia di Putin e dalla presenza sempre più invadente in campo finanziario della Cina, oltretutto con un know-how tecnologico di prim’ordine.
Per comprendere il ridimensionamento che sta logorando l’Europa è al momento sufficiente guardare l’incrociarsi delle dichiarazioni tra Roma e Bruxelles. Ma è difficile stabilire la graduatoria della responsabilità del declino dello stesso ideale europeo. Quasi quattro anni fa, quando comparve sulla scena di Bruxelles il ciarliero Jean-Claude Juncker, l’attuale presidente della Commissione europea, si parlò di un piano a suo nome di rilancio dell’economia continentale basato su investimenti per 300 miliardi di euro. Alzi la mano chi ha visto qualcosa, in questi anni, di quella immensa cifra. Poi c’è l’elenco dei protagonisti maggiori. La grandeur francese, da Sarkozy a Hollande, allo stesso Macron è la caricatura di un Paese che si muove sempre nel suo esclusivo interesse immediato privo di qualsiasi grandeur, sia in Africa che in Europa. Questa grandeur para-comica ha dimenticato i Mitterrand e i Delors, così come in Germania Angela Merkel e il suo rivale-alleato, Horst Seehofer, hanno dimenticato non solo i Konrad Adenauer e gli Helmut Kohl, ma anche uomini come Brandt e Schmidt, che da diverse posizioni politiche si sono battuti con coraggio per un’unità europea fondata non solo sulla moneta e sulla “ragione economica”, ma sui grandi principi dell’Occidente democratico.
Si pensi solamente alle ultime elezioni in Baviera, dove i neonazisti di AfD hanno preso più voti dei socialdemocratici della Spd. Al posto di una vera autocritica e di pensare a un rimedio, hanno cercato un po’ tutti di mascherare questa catastrofe, con l’avanzata dei Verdi, quasi ricordando alcuni vecchi titoli dell’Unità. Quando il Pci cominciava a declinare elettoralmente, all’interno del giornale del partito trovavi titoli di questo tipo: “Forte avanzata a Cernusco sul Naviglio”.
Autolesionismo da avanspettacolo. In fondo, gli ultimi venticinque anni di politica italiana sono quasi la riproposizione, tra giustizialismo e confusione, di quei titoli del giornale comunista andato in pensione permanente. Non c’è in Europa una graduatoria di responsabilità, ma solo un coro di incapacità politica, presa in prestito dalla finanza e dai dentisti-economisti poco umili, come spiegava Keynes.
In questo attuale e perenne litigio tra governo di Roma e Bruxelles, ci sono gli ingredienti dell’avanspettacolo, ma anche i sintomi di un “piccolo suicidio europeo”, dove l’anomalia politica italiana, nata dalle contorsioni dell’ormai lontano 1992, si è messa a danzare nel concerto squinternato di un’Europa senza più leader credibili.
“Piccolo suicidio” perché, come spiegava Marx, dopo la tragedia arriva la ripetizione storica in veste di farsa. In effetti il “grande suicidio” europeo conta ormai più di cento anni, quando nel 1914 si scelse la strada della guerra, non rendendosi conto che occorreva affrontare la realtà di rivolgimenti politici e sociali giganteschi, con due imperi in disfacimento e tre monarchie dominanti, che erano pure imparentate tra di loro. Quel “grande suicidio” ha portato il fascismo, il nazismo e infine con il comunismo anche una lunga “guerra civile europea”. Si è riusciti faticosamente a uscire da quel disastro, ma dimenticando che alcuni errori si possono facilmente ripetere.
Oggi c’è, dopo cento anni, il piccolo suicidio rappresentato dai battibecchi di Salvini e di Junker, di Di Maio e di Moscovici, all’ombra di una fittizia Unità concentrata sulla moneta e su parametri economici che non rispondono più alla realtà in cui viviamo e in cui devono crescere i nostri figli. E’ difficile immaginare a che cosa porterà, sul piano sociale e politico, questo ridimensionamento che appare sempre più inevitabile.