Chi pensa che Di Maio si sia sbagliato o sia ingenuo, ha capito poco. Di Maio e Casaleggio si sono accorti di aver sottovalutato la reazione del popolo a 5 Stelle sul condono e sono corsi ai ripari. Come sempre in modo geniale. Non hanno calcolato la reazione leghista, però…

Se continuano così, per sabato, si profila un Consiglio dei ministri monocolore M5s. Cosa che non sarebbe utile né per il rapporto dialettico con la Commissione europea, né per l’impatto sui mercati, né per la precaria stabilità complessiva del Paese. E nemmeno per un’opposizione composita ma acerba. L’alternativa sarebbe un governo Salvini sorretto da un centrodestra senza i numeri cui si aggiungerebbero plotoni di responsabili, con Silvio Berlusconi fuori dal palazzo nell’inedita veste di nuovo Scilipoti.



Eppure un modo anzi due perché la farsa non volga in tragedia ci sarebbero. Non finirebbe bene, probabilmente, ma salveremmo il canovaccio della commedia all’italiana. Due soluzioni, insomma, ci sarebbero.

E passano entrambe attraverso un’antica liturgia della prima repubblica, cui questo governo che ha in Vincenzo Scotti, rettore della LinkCampus University, uno dei suoi ispiratori e nella presidenza della Repubblica la sua levatrice, senza dubbio somiglia più che alla seconda: la liturgia del rimpasto, culmine delle armi di distrazione di massa. Qualcosa di assolutamente privo di significato politico, ma utilissimo per mescolare le carte al fine di coprire errori marchiani nell’azione di governo. 



Nel primo scenario prevalgono i 5 Stelle: Vito Crimi, barbuto lombardosiculo con competenze da cancelliere di tribunale, va al posto di Giancarlo Giorgetti e garantisce che finalmente uno tra i grillini legga le carte prima di ogni Consiglio dei ministri. Giorgetti viene “promosso per essere rimosso” al ruolo di ministro delle Infrastrutture. Di Maio tira un sospiro di sollievo, liberandosi del caotico Toninelli, gaffeur d’autore, e la Lega si riavvicina al Nord con il più consistente dei suoi colonnelli.

Nel secondo scenario Mattarella si incaponisce su Giorgetti nel ruolo chiave di sottosegretario della presidenza del Consiglio. Senza un uomo di buon senso in quel ruolo lo stesso governo non sarebbe mai nato. Ma uno scalpo ai 5 Stelle va comunque dato: Salvini ritira allora Marco Bussetti, disciplinato amico di famiglia, dal ministero dell’Istruzione dove arriva di gran carriera lo sconsiderato Toninelli al fine di essere edotto sulla reale collocazione del Brennero e Crimi chiude il cerchio andandosi ad occupare di infrastrutture, ma con l’ovvio accordo di presentarsi ai Consigli dei ministri due ore prima per leggere le carte a Di Maio.



La Lega per contro, dopo il successo della visita a Mosca di Salvini, sembra orientata a scrivere in russo i prossimi testi di legge, così almeno funzioneranno. In questo caso Toninelli rimane al suo posto. Sarà lui infatti a leggerli a Di Maio essendo cremonese di quel di Soresina. Lì la parlata è tale e quale.