Salvini e Di Maio non sottovalutano affatto le reazioni dei mercati e delle burocrazie non solo finanziarie di mezzo mondo, già all’attacco ben prima che la manovra del governo italiano prenda realmente forma.
Hanno mandato allora avanti il sottosegretario Giorgetti: “Se questo governo è inviso a certi ambienti può darsi che qualcuno lo voglia mettere in difficoltà, a prescindere dal 2,4%. E allora ricordiamoci che dobbiamo pur andare sui mercati, a vendere i titoli di Stato. E dobbiamo fare in modo che qualcuno, quei titoli, li compri” (intervista a Repubblica).
Il messaggio è chiaro: siamo coraggiosi ma non siamo pazzi. Dopo aver spezzato il circolo vizioso che in questi anni aveva visto prevalere Ragioneria dello Stato e Bankitalia sulle priorità della politica, i due argonauti gialloverdi si ripromettono una gestione della legge di bilancio all’insegna del dialogo e della buona amministrazione.
Luigi e Matteo sono continuamente al telefono. “Guarda Luigi che se non freniamo il crollo delle borse ci fanno fuori” ha esordito Salvini, che nel frattempo ha tirato dalla sua gli industriali. Altrettanto lucido e pragmatico Di Maio: “È il momento di lasciar fare a Tria, Conte e soprattutto Moavero. Noi abbiamo dato l’indirizzo politico. Tocca a loro far quadrare i conti e rasserenare i rapporti con la Ue”.
Si muovono all’unisono i due consoli ed infatti il latino “consules” significa “coloro che decidono insieme”. Ma mentre nella Lega nessuno pensa di mettere in discussione la leadership di Matteo Salvini, se qualcosa non funzionasse e il governo a trazione 5 Stelle apparisse improvvisato e pasticcione, la mannaia della Casaleggio Associati cadrebbe senza esitazione su Luigi Di Maio.
Resta il fatto che ad oggi il giudizio dei mercati è sospeso, pur se turbolento, in attesa di conoscere le coperture delle misure-chiave della manovra.
Di Maio questa notte ha nuovamente telefonato a Salvini. “Matteo forse è meglio se Boccia dice una buona parola oggi stesso anche in mio favore”.
Nella Roma dei consoli la difficoltà di uno dei due apriva la strada al comando di uno solo: era chiamato “dittatore” ed era dotato di summum imperium, cioè cumulava in sé il potere dei due consoli. E non rispondeva al telefono.