Il giorno dopo l’annuncio di Matteo Renzi che suo padre sarebbe stato risarcito di 95mila euro per la diffamazione perpetrata contro di lui da alcuni da alcuni articoli de Il Fatto Quotidiano, e la replica da parte del direttore del giornale che ha messo in chiaro alcuni punti (la condanna a suo dire spropositata era dovuta a un titolo e due commenti, mentre gli articoli in questione non c’entravano nulla), l’editoriale odierno di Marco Travaglio, tra il sarcasmo e l’allarme, spiega come sentenze di questo tipo potrebbero portare molti giornali oggi a chiudere, compreso il suo. Per questo motivo, l’ex allievo di Montanelli ha invitato i lettori de Il Fatto, che da sempre sostengono il suo giornale che si autofinanzia, ad aiutare il giornale e poi tirando alcune bordate a Renzi padre e figlio, ricordando che il contenuto dei suddetti articoli è assolutamente veritiero e che le indagini vanno avanti. Inoltre, nel suo pezzo intitolato “Cambio mestiere”, il direttore spiega che se la facilità con cui si viene querelati deve andare, a causa del potere politico sulla magistratura, a scapito della libertà di stampa, tanto vale chiudere o cambiare mestiere dato che di fare altrimenti “proprio non ne saremmo capaci, ovvero di usare la lingua al posto della tastiera”. (agg. di R. G. Flore)



“COSI’ SI RISCHIA DI CHIUDERE”

Dopo Peter Gomez, anche Marco Travaglio è intervenuto per rispondere a Matteo Renzi e spiegare la sentenza nella causa civile per diffamazione contro il Fatto Quotidiano. Il direttore ha raccontato i dettagli e fatto alcune osservazioni sul reato di diffamazione a mezzo stampa. «Il signore in questione ci aveva intentato una causa da 300mila euro per sei articoli usciti fra il 2015 e il 2016: il giudice gli ha dato torto per quattro articoli e ragione per un titolo (a un articolo ritenuto corretto) e due parole contenute in due miei commenti (per il resto ritenuti corretti). E ha stabilito che il titolo e le mie due parole valgono 30 mila euro ciascuno, più 5 mila di riparazione pecuniaria». Il titolo da 30mila euro è “Banca Etruria, papà Renzi e Rosi. La coop degli affari adesso è nel mirino dei pm”. L’articolo riguarda le indagini sulla coop Castelnuovese. «Le mie due paroline da 30 mila euro ciascuna sono “bancarotta” e “affarucci”. In quel momento Tiziano Renzi era indagato a Genova per la bancarotta di una sua società poi fallita, la Chil Post», scrive Travaglio. La sentenza di condanna al risarcimento di 95mila euro fa il paio con quella per la quale Marco Travaglio è stato condannato a pagare 150mila euro di danni a tre giudici. Ma il punto è un altro per il direttore del Fatto Quotidiano… «Per un titolo e due articoli che non contengono fatti falsi e che riscriverei uguali altre cento volte. E sapete il perché di quella cifra spropositata? Per “la posizione sociale del soggetto diffamato (padre del Presidente del Consiglio, politico e imprenditore)”». Travaglio dunque lancia un allarme: «A botte di sentenze come queste, un piccolo giornale libero come il Fatto non può reggere: ancora un paio di mazzate come queste e si chiude». (agg. di Silvana Palazzo)



LA REPLICA DEL FATTO QUOTIDIANO

Dopo l’annuncio, fatto su Facebook, da parte dell’ex premier Matteo Renzi in merito alla condanna per diffamazione di Marco Travaglio in qualità di direttore de Il Fatto Quotidiano, di una sua giornalista e del relativo gruppo editoriale, nelle ultime ore è arrivata la replica da parte dello stesso organo di stampa con un editoriale apparso proprio sul sito, diretto da Peter Gomez. Nel suddetto articolo si legge che, in realtà, si parlerebbe di “assoluzione per i quattro articoli di inchiesta e la condanna solo per il titolo di uno di essi e per due comenti”: il Tribunale di Firenze avrebbe quindi condannato Il Fatto Quotidiano a risarcire Tiziano Renzi con 95mila euro per i suddetti commenti e il titolo risalenti al gennaio 2016 ma si ricorda pure che “Matteo Renzi omette che sul contenuto dei quattro articoli contestati il giudice ha assolto Il Fatto”, ribadendo che dunque i fatti riportati negli articoli sono “veri e di interesse pubblico, quindi non diffamatori: gli interessi, i legami imprenditoriali e i movimenti di Tiziano Renzi nel mondo degli outlet di lusso erano e restano un fatto concalamato” conclude l’editoriale. (agg. di R. G. Flore)



I MOTIVI DELLA CONDANNA

Un post su Facebook per togliersi qualche sassolino dalle scarpe anche se non ha specificato con esattezza a cosa si riferisse: Matteo Renzi, attraverso la sua enews e i propri profili social, ha dato notizia della condanna in sede civile per il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, e anche una sua giornalista e la società editoriale per diffamazione nei confronti di suo padre Tiziano, tanto che i diretti interessati saranno costretti al pagamento di una ammenda di circa 95mila euro a fronte della richiesta di un risarcimento totale di 300mila. L’ex premier, tuttavia, dovrebbe riferirsi a una serie di articoli che il quotidiano pubblicò a suo tempo probabilmente in merito alla vicenda legata a Chil Post e alla Mail Service Sel e spiega anche che quella odierna è “la prima decisione su una (lunga) serie di azioni civili intentate da mio padre” (agg. di R. G. Flore)

CONDANNA PER DIFFAMAZIONE

Matteo Renzi contro Marco Travaglio e il Fatto Quotidiano. L’ex premier ha annunciato su Facebook che il direttore, una sua giornalista e la società editoriale «sono stati condannati a pagare a mio padre 95.000 euro». Ma per Renzi «niente potrà ripagare l’enorme mole di fango buttata addosso» alla sua famiglia, al padre e alla sua salute. L’ex segretario del Pd ha parlato di «una campagna di odio senza precedenti». Ma qualcosa starebbe cambiando: «Qualcuno inizia a pagare almeno i danni». Renzi ha spiegato infatti che questa è «la prima decisione su una (lunga) serie di azioni civili intentate da mio padre, Tiziano Renzi». Su Twitter e nella sua eNews ha aggiunto che «è solo l’inizio. Il tempo è galantuomo». Questo vuol dire dunque che Tiziano Renzi ha vinto la causa civile per diffamazione che aveva intentato nei confronti del Fatto Quotidiano. Il padre dell’ex premier aveva chiesto un totale di 300mila euro di risarcimento in relazione agli articoli pubblicati sulla vicenda Chil Post e Mail Service Srl.

MATTEO RENZI CONTRO MARCO TRAVAGLIO E FATTO QUOTIDIANO

La querela, presentata da Tiziano Renzi a Firenze, verteva su una serie di articoli pubblicati tra fine 2015 e inizio 2016 in cui il direttore del Fatto Quotidiano aveva dato del “bancarottiere” al padre dell’ex premier, anticipando così la pronuncia del tribunale di Genova sul fallimento dell’azienda di famiglia Chil Post. Accuse però da cui Tiziano Renzi uscì indenne, perché il pubblico ministero ne aveva infatti chiesto l’archiviazione che il gip ha deciso di accogliere a fine luglio 2016. Oltre al risarcimento del danno, ora la sentenza di condanna dovrà essere pubblicata a stralci sul quotidiano guidato da Marco Travaglio, che peraltro è stato querelato anche da Matteo Renzi per i suoi commenti sulla vicenda Consip. Le accuse del padre al Fatto Quotidiano erano state raccontate da Travaglio tempo fa in un editoriale sul suo giornale: « La causa T. contro T. sarà però interessante: oltreché su alcuni articoli del nostro giornale e del nostro sito, verterà sui “messaggi subliminali” e le “foto maliziose” contestati dall’“attore”(che poi è sempre T. nel senso di Tiziano). Messaggi subliminali volti a far credere che il nostro eroe, “agente di commercio”, non faccia affari anche grazie al cognome che porta, ma solo perché è sempre stato un genio del business, una versione vernacola di The Wolf of Wall Street, dotato – lo dice lui – di “una straordinaria capacità professionale ed una vulcanica energia intellettiva”».