Mentre il parlamento si avvia ad approvare la finanziaria e le agenzie di rating parallelamente si avviano a bocciarla, si chiariscono tante differenti contraddizioni di questo governo. Esse, al di là del sostegno popolare pur crescente, potrebbero impedirgli di durare a lungo.

La prima, più evidente, è ormai il divorzio tra opinione pubblica interna e internazionale. I due partiti di governo litigano apertamente ignorando del tutto gli effetti che queste liti avranno sull’opinione pubblica internazionale, attenti solo agli effetti interni. 



Vista da fuori, infatti, la canea dà un’impressione di caos e quindi di inaffidabilità, al di là e al di sopra di ogni architettura della manovra finanziaria. All’interno invece l’impressione è che i due lottino per i diversi interessi degli italiani, gli imprenditori al Nord (che vogliono meno tasse, e quindi meno sussidi) e i disoccupati al Sud (che vogliono più sussidi e quindi più tasse). Quindi all’interno la lite ottiene il doppio effetto di attirare entrambi i fronti (che si sentono entrambi difesi) e cancellare l’opposizione (che semplicemente non sa cosa dire).



Ciò ha ulteriori riflessi esterni. L’estero, con un governo caotico e un’opposizione inesistente, non sa con chi parlare. L’interno, così diviso, si ritrova unito solo nel confronto con l’estero, considerato l’origine di tutti i mali. 

È una matassa difficile da sbrogliare, in cui ci sono equilibri che non possono durare. Non si può continuare a ignorare l’estero o pensarlo nemico, quando l’Italia dipende per la sua sopravvivenza da un 20% di ceti produttivi che esportano attivamente e danno da mangiare all’80% di ceti improduttivi o poco produttivi.



Ciò crea dinamiche di brevissimo, breve e medio periodo.

Nel brevissimo, qualunque sia la manovra essa andrebbe spiegata all’estero, e ugualmente andrebbe spiegato al governo che certe ignoranze sono imperdonabili. Ci sono ministri che non esistono, non stanno facendo il loro lavoro e andrebbero sostituiti. Tali sostituzioni, se fatte con un pizzico di buon senso, darebbero un po’ di fiato al governo e all’Italia.

Certo non risolverebbero i problemi di breve periodo: la litigiosità strutturale tra partiti di governo e l’assenza dell’opposizione.

Per questo la risposta naturale è andare a elezioni, dove M5s e Lega si dividono, uno vince e l’altro va all’opposizione, cosa possibile secondo i numeri attuali. In tal modo si otterrebbe il doppio obiettivo di chiarire i contorni di governo e quello della nuova opposizione, cancellando definitivamente FI e Pd come Dc e Psi vennero eliminati con la fine della prima repubblica.

Nel medio periodo rimane poi, incombente, la questione della crisi della Ue. Il Brexit che incombe, la sconfitta di Csu e Spd (partiti storici tedeschi) alle recenti elezioni in Baviera, dicono in coro che l’Unione attuale non funziona e va riformata. 

O l’Europa o la Germania e gli Usa (che sono principali azionisti aperti o nascosti della Ue) affrontano questo tema, o tensioni che ci sono da ogni parte romperanno l’Unione. E l’Italia con essa.

(Traduzione dal cinese di Francesco Sisci)