“E’ meglio morire di fame piuttosto che mangiare ascoltando chi ci critica”. E’ un antico proverbio georgiano. Sembra fatto su misura per descrivere la postura del governo gialloverde e dei due consoli Salvini e Di Maio di fronte allo scontro con l’Europa, ma anche al monito di Giovanni Tria e a quel suo sorprendente allarme sullo spread a 320 (“è un livello che non possiamo mantenere molto a lungo … uno spread alto pone un problema per il sistema bancario), un invito a nozze per i “mercati”, ma anche un warning ai suoi colleghi di governo.



Ma forse, più profondamente, quel proverbio può descrivere anche la postura dei rispettivi gruppi parlamentari, che appaiono muoversi in aperta contraddizione con la reiterata volontà dei due leader di procedere di pari passo.

Così i grillini De Falco e Morra al Senato rifiutandosi di ritirare gli emendamenti al decreto sicurezza, vanto della Lega, mettono di fatto a repentaglio l’alleanza ed ancor più rischiano di aprire a voti devianti del Pd, pronto a tutto pur di difendere la “protezione umanitaria” tanto avversata dal ministro dell’Interno. Per non parlare della distanza su casi che coinvolgono forze dell’ordine e militari, dal caso Cucchi allo spot delle forze armate censurato dalla ministra Trenta perché troppo “combat”.



Le manine nel rapporto tra padani e pentastellati sono tante e ben organizzate e sembrano trascinare, con la scusa di non voler rinunciare a nulla dei propri cavalli di battaglia, ad un destino scontato e forse voluto: il tanto temuto governo Cottarelli. A cui lasciare l’incombenza di adeguarsi alle direttive di Bruxelles dopo aver mostrato coerenza nel rifiutare di cambiare la legge di bilancio ed essersi ritirati in buon ordine nel momento in cui i titoli di Stato verranno etichettati come spazzatura dalle agenzie di rating, dopo le sanzioni ormai certe della Ue.

Il governo del cambiamento insomma non sembra disposto a fare compromessi. Neanche al proprio interno. E questo potrebbe accelerare la fine di un esecutivo che non solo ha troppi problemi di compatibilità ideologica e programmatica, ma dove soprattutto gli outsider di Di Maio non sono disposti a veder mutare la sua disarmante e reciproca simpatia con il destrorso Salvini in un asse dove ai Fico, ai Di Battista non resterebbero che le briciole. 



Forse ad entrambi, capo politico e Capitano, possono tornare utili le parole che hanno reso famoso il senatore De Falco quando le rivolse furente al comandante Schettino: “Tornate a bordo, cazzo”. Tornate a bordo e guidate la nave Italia in un porto sicuro e se per farlo dovete cercare giusti compromessi con la Ue o con chicchessia, sarà sempre meglio che lasciare il paese senza governo, “nave sanza nocchiere in gran tempesta”, per il solo sfizio di voler primeggiare sull’establishment, giocando al rialzo e facendo vedere i muscoli in ogni circostanza.