Il grande ballo o forse le probabili montagne russe dei mercati e delle Borse sulla manovra italiana, cominciano alla 22 e 7 minuti di venerdì sera 26 ottobre, ora italiana, quando l’agenzia di rating Standard&Poor’s lancia la pagella sui conti dell’Italia. 

Al contrario della consorella Moody’s, Strandard&Poor’s non declassa il rating italiano, lasciando immutata la tripla B, ma declassa il cosiddetto outloook, la  previsione, che da stabile diventa negativa.



A ben vedere, al termine di una giornata ansiosa e nervosa, il giudizio dell’altra grande agenzia di rating sembra il miglior risultato possibile rispetto a quello che si prevedeva. Ma tuttavia non corregge, sopratutto nel giudizio, gli elementi negativi di un’inversione di tendenza rispetto al consolidamento del debito e sostanzialmente stila un giudizio negativo sulla manovra giallo-verde. Tutto questo alimenterà inevitabilmente nuove discussioni infinite, commenti di parte, interpretazioni interessate.



Al momento ci sarà poco tempo tempo per discutere e per commentare  questa valutazione di Standard& Poor’s. Giusto un paio di giorni, un lungo week-end, per poi andare a vedere, lunedì mattina, che cosa accadrà ai titoli quotati e allo spread, che cosa in sostanza capiterà sui mercati. 

In teoria, l’outlook negativo può restare invariato anche per un anno, ma è un avvertimento poco simpatico. Tuttavia prevedere la logica dei mercati è ormai un azzardo. E’ questa incertezza della “prova dei mercati”, da lunedì in avanti magari per mesi, che apre il “gran ballo” di un’ancora più concitata confusione politica in Europa e in particolare in Italia. 



I due vice primi ministri, Di Maio e Salvini, hanno fatto al momento commenti ancora tiepidi, che sembrano dettati da un sospiro di sollievo rispetto alle previsioni di questi giorni. Ma è evidente che si è ormai entrati, con il giudizio delle agenzie di rating, in una fase dove lo scontro tra Commissione europea e governo italiano sta diventando incandescente e dove le contrapposizioni, sia in Europa che in Italia, caratterizzeranno tutto fino alle elezioni di maggio, monopolizzando di fatto il dibattito politico in Italia. Con accuse reciproche e divisioni drastiche nell’analisi e nei possibili sbocchi.

Partiamo intanto da una considerazione di fondo: l’Italia ha titoli di Stato che non sono “spazzatura”, che possono quindi essere collocati sul mercato, anche se gli analisti di questo sistema finanziario demenziale, a stragrande maggioranza, vedono sbocchi negativi sulla manovra del governo, con connotazioni più politiche che di merito delle questioni.

E poi consideriamo quello che ha preceduto il giudizio di Standard&Poor’s. Nella giornata dell’attesa non si sono alzati solo i consueti lamenti dei vari commissari europei, i Dombrovskis, i Moscovici e gli Juncker. Forse qualcuno  ha spiegato a questi “fenomeni” che i loro interventi a gamba tesa moltiplicano solo i voti dei “populisti” e dei “sovranisti”, non solo italiani, e nello stesso tempo danno l’impressione di una totale incapacità politica e di una completa mancanza di autorevolezza nel governare un meccanismo così particolare come l’Unione Europea e la stessa area dell’euro.

Ma ieri è stata la giornata di quello che può essere definito il grande battibecco, con il richiamo di un “numero uno” come Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea, a moderare i toni di una disputa che appare ormai infinita tra Italia ed Europa, aggiungendo anche la preoccupazione per il patrimonio delle banche italiane e le conseguenze negative per imprese e famiglie. A questa dichiarazione di Draghi ha subito risposto con una replica durissima, stizzosa e piuttosto stravagante il vice primo ministro Luigi Di Maio, che nella sostanza, ha dato quasi del traditore a Draghi perché è un italiano che non difende la causa italiana. 

A sua volta, la risposta di Draghi è stata perentoria apparentemente, rivendicando l’autonomia della Bce rispetto agli Stati che fanno parte dell’Unione.

Ma tutto questo denota solo un clima politico ormai esasperato dalle contrapposizioni e dalla prese di posizioni durissime. A ben vedere quest’ultimo scontro è stata una sorta di ciliegina sulla torta già abbastanza avvelenata. 

In effetti, la dichiarazione di Draghi appare come un richiamo in parte disperato, perché il presidente della Bce sembra rendersi conto che tecnicamente non può più offrire una soluzione politica e guarda con una certa rassegnazione ai protagonisti dello scontro, ai commissari europei e ai ministri italiani. Nello stesso tempo, è probabile che Draghi si senta isolato per il silenzio della Germania, che però è sotto elezioni e con problemi di equilibrio politico non facili. Questa domenica si vota in Assia, un nuovo test per il governo di Angela Merkel.

Poi c’è la convulsa situazione italiana, con “manine ” e “manone” che indicano una maggioranza sorretta certamente dalla maggioranza degli italiani, ma per nulla compatta al suo interno su diverse scelte. E nello stesso tempo sotto sorveglianza per equilibri di bilancio che non sembra rispettare.

Facendo solo un riassunto della manovra, ognuna delle due anime della maggioranza porta a casa qualche cosa del contratto concordato, ma la terza anima, quella di Moavero e Tria, probabilmente sorretti dal Presidente della Repubblica, fa intendere che ci sono palesi contraddizioni e che il governo potrebbe avere, magari inaspettatamente, anche breve vita. 

Si pensi solo alle posizioni differenti sul gasdotto che arriva in Puglia dal Kazakistan e ad altre grandi infrastrutture da varare. C’è qualcuno che sussurra all’esterno, dall’interno del governo, che questo esecutivo sta attaccato con la colla.

Circolano anche voci su scenari immaginati o pensati, probabilmente di difficile attuazione, che prevedono una governo semitecnico (con un presidente nuovo, magari tra un anno lo stesso Draghi, oppure un altro personaggio di rilievo) e una maggioranza differente con i 5 Stelle spostati a sinistra per ricevere il famoso appoggio del Pd.

Al momento tutto appare come una congettura, uno scenario immaginario, ma certamente l’instabilità politica che si è creata  con il duro contenzioso tra Italia e Unione europea non potrà risolversi con facilità. Occorrerà guardare se si passerà dopo il 13 novembre alla manovra di infrazione, occorrerà vedere le elezioni europee, il ruolo delle forze in campo, i risultati, la preparazione della nuova Commissione. Sarà inevitabilmente un ridimensionamento europeo dopo una crisi di tale dimensione.

L’unica speranza di rinsavimento politico dovrebbe essere l’esame attento della situazione geopolitica internazionale. Sarebbe un disastro, la ripetizione di un suicidio, vedere un’Europa dimenticata e in balìa di tre grandi potenze che stanno facendo il loro gioco per gli assetti futuri. Che cosa potrebbe contare un’Europa divisa e ridimensionata di fronte agli Stati Uniti, al ruolo riacquistato della Russia e all’espansione cinese e forse anche a quella indiana?