Di recente è stata data notizia che la Telt, Tunnel Euralpin Lyon Turin, le cui azioni sono divise equamente tra Stato francese e Ferrovie dello Stato italiane, avrebbe deciso di alzare il piede dall’acceleratore per non costringere M5s a fare i conti con i propri imbarazzi sulle grandi opere. Insomma, certezze poche, se non quella della spaccatura tra le anime del Movimento. Con Beppe Grillo che, ancora di recente, tuonava contro l’opera, “che appartiene allo scorso secolo, al passato, che rappresenta un mondo che non c’è più, un modo di fare economia e creare posti di lavoro che non ha più senso”. E la linea del capo, che mette a rischio miliardi di euro, viene ripresa dal vicepremier, Di Maio, che giorni fa si riappella al “programma”, dove della Torino-Lione si parla di striscio, per dire che va “ridiscussa”, perché “è un’opera progettata 30 anni fa”.



Un punto sul quale la Telt si sente chiamata a precisare che il progetto attuale risale al 2011, dunque a meno di sette anni, che non sono proprio 30. E se da Torino il presidente della Regione Sergio Chiamparino propone un referendum in caso di stop dal governo, e lo stesso Di Maio si dice pronto ad andare alle urne, sul tema è tornato proprio il ministro responsabile per l’opera, Toninelli. Accettando il referendum, e ribadendo l’esigenza di “ridiscutere integralmente” il progetto, “nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”.



La chiave, secondo il titolare del Mit, è l’analisi del rapporto costi-benefici. E qui potrebbe spuntare il compromesso: compromesso ma anche contraddizione. Infatti il rapporto costi-benefici è parte integrante di ogni progetto delle cosiddette grandi opere. Non solo, ma i più occhiuti tra i grillini torinesi hanno cominciato a fare due più due tra i no Tav ed i sostenitori occulti della fronda anti-ferrovia, tra i quali potrebbe figurare proprio quella Società Autostrade che i 5 Stelle dicono di volere combattere a Genova ma assecondano in Val di Susa. Malesseri diffusi, grillini confusi, maledetti refusi che fanno dire ad un Di Maio urlante: “noi tireremo dritti sulla Tav… fino alla prima curva”.



Nel frattempo cresce il peso del partito della mediazione a trazione Mattarella, incarnato sul campo da Giuseppe Conte, un cerignolano più attrezzato di quel che si pensi. Ha portato a casa la Tap, violentando i massimalisti del M5s in Puglia. Non ci sarebbe da stupirsi se riuscisse a piegare anche i duri e puri della montagna, quasi tutti dotati di maglioncino e jeans Benetton.

Anche questo ci tocca vedere, nel tempo del cambiamento: un moroteo pentastellato.