Una parola che non offre uno spunto molto positivo, quella che Matteo Richetti ha usato per definire il gruppo con il sostegno del quale ha deciso di candidarsi a segretario del Pd: “Harambee” che in lingua keniota “non ha un vero significato” ha detto lui stesso. Rappresenta soltanto una sorta di incitazione per mettersi al lavoro. Secondo Peppino Caldarola, giornalista, ex direttore de l’Unità, poi deputato dei Ds, Richetti rappresenta “il renzismo senza le esagerazioni di Renzi e chiama a raccolta tutti i sostenitori dell’ex capo del governo che sono rimasti fedeli a lui, e nonostante tutto non sono pochi come si pensa”.



Arrivano gli Harambee di Matteo Richetti: lei li vede come una nuova ennesima corrente all’interno del Pd o qualcosa di più?

L’ipotesi rappresentata da Richetti si colloca in modo distante da Zingaretti, che viene rappresentato come l’erede diretto dei vecchi Ds. Richetti vuole incarnare la svolta renziana senza Renzi, cioè depurata da tutte quelle esagerazioni che hanno fatto capo all’ex premier. E’ una chiamata a raccolta delle persone che hanno creduto nella svolta di Renzi e che hanno dato vita a quel processo.



Non sono rimasti davvero pochi?

C’è ancora un pezzo di renzismo organizzato, sicuramente di questo gruppo fa parte Delrio, e il sogno di poter recuperare quel mondo del Pd che guarda ancora a Renzi. Inutile fingere che non abbia ancora un suo seguito, per piccolo che sia.

Ci sarà anche Martina in questo gruppo o correrà da solo per la segreteria?

Penso che Martina potrebbe diventare un altro concorrente, avendo dalla sua mesi di direzione del Pd abbastanza buoni. Con lui il partito è riuscito a tornare in piazza e a chiamare a raccolta un popolo che sembrava traumatizzato. Potrebbe essere non solo un candidato ma anche il candidato su cui convengono in tanti. Di fronte a uno scontro che adesso, banalizzando, definisco tra una destra macroniana che si riconosce in Richetti e una sinistra neolaburista che si riconosce in Zingaretti, potrebbe essere la sintesi e venir premiato per la caparbietà del modo in cui ha difeso quella che un tempo si definiva “la ditta”.



Si può dire che tra questi “giovani”, Zingaretti, Martina, Richetti e anche altri ci sia una genuina volontà di collaborare per rilanciare il Pd, invece dei vecchi scontri che hanno portato alla fuoriuscita dei vari D’Alema?

Si può dire. La vera svolta che queste tre persone sembrano annunciare è che nessuno dei tre perde tempo nel demonizzare le altre due candidature. Emerge in tutti e tre una grande preoccupazione sul tema dell’unità, loro stessi la riconoscono come domanda che viene da ben oltre il Pd e che interessa tutta la sinistra. Sono tutti e tre abbastanza giovani, ma con esperienza: Zingaretti è stato un ottimo amministratore, Martina un ministro serio, Richetti è stato uomo di punta del renzismo ma non era espressione pedissequa del giglio magico, ha una sua personalità. Personalmente più che una sfida alle primarie preferirei che scrivessero tre documenti importanti con un congresso di tipo tradizionale nel quale gli iscritti possano scegliere sui ragionamenti. Sono sempre stato molto tiepido sulle primarie, in un periodo di ammosciamento come questo poi mi fanno tristezza.

Richetti pone molta enfasi sui giovani, vuole riportarli nel Pd, ma riportare i giovani alla politica non è un problema generale?

Se parliamo di giovani dobbiamo ragionare in vista delle prossime politiche, quindi del 2020, ragazzi che oggi hanno 16 e 17 anni i quali non credo saranno affascinati da Salvini come i giovani delle generazioni che hanno votato adesso. 

In che senso?

Possono essere attirati, ma con discorsi però nuovi, uno stile nuovo. La sinistra, se ha capito che non può più vivere di rendita, deve inseguire i bisogni, deve assumere alcuni valori, come l’accoglienza, la solidarietà, si deve rivolgere a quei giovani delle grandi associazioni di volontariato e al molto variegato mondo cattolico. C’è un mondo di giovani là fuori con grandi desideri e bisogni, non ci sono solo quelli che guardano il Grande Fratello Vip. Questi giovani che adesso hanno 17 anni voteranno conoscendo il fallimento del renzismo ma anche la beceraggine del governo giallo-verde.

Ne è sicuro? Non c’è il rischio invece che il nuovo Pd nasca solo in funzione anti-governo senza propositi concreti?

Io credo che Salvini stia stressando l’Italia, e stia dando un’immagine che adesso può sembrare travolgente ma non fa parte della cultura politica profonda degli italiani. Non posso credere che gli italiani vogliano essere in conflitto permanente con i singoli paesi europei, con gli immigrati, non credo che amino il dileggio, non dobbiamo immaginarci soprattutto che i giovani siano diventati ammiratori di questo linguaggio. Io sono un ammiratore del papa, della sua misericordia, del suo rispetto per la persona umana e così credo tanti giovani.

Ci vuole però un grande lavoro educativo e non solo politico, è d’accordo? 

Certamente. Salvini propone uno stato di guerra permanente, ma gli italiani non amano la guerra. Scommetto sulla nuova generazione, sono certo ci si stancherà di questo bullismo. Io penso che fra un anno non parleremo più di Salvini. 

(Paolo Vites)