Certo, la firma del presidente Mattarella, è un punto a favore del ministro dell’Interno che il leader leghista ha voluto salutare con un poco elegante “prendi e porta a casa” a testimonianza della forte tensione e dei grandi timori maturati anche in casa lombard sul possibile diniego del Quirinale.



E la firma del Presidente della Repubblica garantisce anche sulla inesistenza di evidenti e conclamati vizi di incostituzionalità nel provvedimento. Un (apparente) secondo goal per l’inquilino del Viminale deviato “sulla linea” dalla lettera che il presidente ha voluto far seguire alla firma del testo. Un istituto già utilizzato in passato ed in sé poco significativo eppure percepito subito e da tutti come dirompente per la forza e la portata politica.



Nessuna forzatura e neppure nessuna ingerenza del Colle. Piuttosto un appunto ideale, un richiamo allo spirito della Costituzione, al sentire dei padri costituenti. Insomma un intervento iper-politico dalle molteplici sfaccettature tra le quali ne traspare una del tutto particolare ed insolita.

La nota del Quirinale allegata al “Decreto Sicurezza” assomiglia molto ad un brogliaccio per ulteriori “indagini” di costituzionalità. Quasi una traccia, una minuta, per la Consulta in un eventuale futuro (ma quasi certo) ricorso.

Una sorta di indicazione puntuale rivolta in prima istanza (ma con poca fiducia) al Parlamento affinché, in sede di conversione, provveda a migliorare il testo aprendo una riflessione sull’art. 10 della Costituzione. Ma soprattutto, un netto e chiaro programma di lavoro per la Corte costituzionale.



Ridere è bene. Farlo da ultimo è meglio.