L’Europa dei banchieri sarà licenziata tra sei mesi, ha detto ieri Salvini. Un concetto simile è stato espresso anche da Di Maio, che ha detto di attendersi un “terremoto politico” dalle prossime europee. Giulio Sapelli invita Tria, i due viceministri e Conte ad andare avanti in modo compatto, prudente ma senza farsi spaventare. Solo così convinceranno gli investitori ad acquistare i nostri Btp. Al tempo stesso, però, suggerisce ai Dioscuri della maggioranza di guardarsi da una tentazione sottile e pericolosa.
Qualcuno ritiene ormai chiusa l’epoca degli Juncker e dei Moscovici. Davvero basta aspettare perché con il 2019 si volta pagina?
Chi lo pensa deve stare molto attento. Quello europeo è un potere al pari di tutte le tecnocrazie a matrice liberista nate con Bretton Woods, dal Fondo monetario alla Banca mondiale. E come questi, anche la tecnocrazia europea agisce in modo compulsivo. E’ lo stesso metodo, basato non sul diritto ma su meri rapporti di forza, che ha fatto prevalere i regolamenti sui trattati.
Per questo hanno bocciato il Def così in fretta.
Sì. Moscovici e Dombrovskis hanno firmato una lettera senza fare nemmeno finta di esaminare il documento italiano. Però questo stavolta non rivela la loro forza, ma la loro debolezza.
L’errore che Lega ed M5s devono evitare?
Le cuspidi dei partiti politici, e questo vale in generale, hanno capito che si fa una carriera molto più sostanziosa diventando capi di questa tecnocrazia. E dato che adesso si voterà, il rischio è che i regolamenti che hanno prodotto questa Europa sopravvivano ai nuovi arrivati.
Fa bene il governo a dire “nessun piano B, andiamo avanti”?
Ho apprezzato molto la decisione di Tria, dei due viceministri e di Conte di andare avanti in modo compatto, senza farsi spaventare. E’ l’unico modo per avere la fiducia di chi compra il nostro debito. I grandi investitori devono poter credere nella continuità politica dell’Italia. Evidentemente meno dichiarazioni a vanvera si fanno, più si argomenta a favore delle proprie posizioni, come sta facendo Tria, e meglio è. Questa scelta è importante anche per un altro motivo.
Quale?
In questo modo si lavora anche per respingere quel segmento della nostra classe politica e del nostro potere economico che vede il suo orizzonte fuori dall’Italia e ha rimosso del tutto l’idea che esistano degli interessi nazionali e territoriali morali e legittimi.
Cosa pensa della visita di Mario Draghi al Quirinale settimana scorsa, nel bel mezzo dello scontro tra Governo e Commissione?
Mi pare un segno di confusione. Nella Bce, intendo. I banchieri centrali dovrebbero esercitare la moral suasion. Penso però che un episodio come questo danneggi più la Bce del governo italiano.
Arriverà il downgrade delle agenzie di rating. Pare che Mattarella tema più quello della Commissione europea.
Credo che il Quirinale in questo caso abbia ragione. Ma se si agisce senza nervosismo e senza strepiti, con tranquilla sicurezza, senza criminalizzare le agenzie di rating, i grandi investitori si convinceranno che la seconda potenza manifatturiera d’Europa, alleata degli Usa, sede di basi Nato, non è quello che dicono a Bruxelles.
Quale dev’essere l’obiettivo politico del governo in Europa?
Puntare alla riscrittura non dei trattati, come si dice troppo sommariamente, ma dei regolamenti. Il dogma del pareggio di bilancio è scritto in un regolamento, che non è una legge ma la codificazione di una consuetudine, frutto di rapporti di forza politici e del primato delle tecnocrazie sui parlamenti. E poi non si può parlare di riscrittura dei trattati prima di innescare la crescita.
E secondo lei ci sono nella manovra le premesse per rilanciare la crescita?
Sì, e su questo punto condivido pienamente quello che ha detto Rinaldi al Sussidiario. Avrei dato un segnale ancora più forte in tema di investimenti, aprendo il tema, per esempio, di una ridefinizione del ruolo della Cassa depositi e prestiti, e di una politica industriale per recuperare occupazione.
Sta bocciando il reddito di cittadinanza?
Non ho detto questo… E poi, come potrebbe essere sbagliato, se dopo M5s anche Macron vuol fare qualcosa di simile?
Senza ironia, professore.
Lo hanno fatto tutti i paesi con una tradizione socialdemocratica. Avrei dato però un segnale più chiaro per evitare venature assistenzialistiche.
Buono il principio, difficile attuarlo. Specie con quello che sono oggi i centri per l’impiego.
Vero. Ma qui il discorso ci porta lontano, a quelle leggi Bassanini (59/1997) e Madia che hanno distrutto lo Stato italiano.
Chi riceverà il reddito dovrà spenderlo e non potrà rifiutare più di tre offerte di lavoro. Il punto è se al Sud le offerte di lavoro ci saranno o no.
Bisogna crearle. Ma perché questo avvenga servirebbe un piano di ampio respiro, che recuperasse la funzione e lo spirito della Cassa del Mezzogiorno dei primi anni. Dobbiamo tornare allo Stato imprenditore. Che non vuol dire nazionalizzare, ma riformare tutta la legislazione cooperativa, indebolita dai governi di centrosinistra. Se non c’è l’impresa capitalistica a creare lavoro, deve farlo l’impresa cooperativa. Ecco, le vere basi del reddito di cittadinanza sono queste.
(Federico Ferraù)