Alla fine Minniti non è passato, e il candidato — o meglio la candidata — che unirà i renziani alle prossime primarie del Pd è Teresa Bellanova.

Deve esserci stato davvero un clima pesante tra i partecipanti alla riunione a porte chiuse svolta nel fine settimana a Salsomaggiore. Sono infatti pochissime le notizie trapelate all’esterno, segno che ciò che si è detto non sono proprio le solite “buone notizie” che riempiono da anni la comunicazione multimediale del giovane ex premier.



Una riunione a porte chiuse per sua natura affronta temi scontanti che è bene mantenere celati, conflitti che è meglio non rendere pubblici, argomenti poco nobili che non aiutano la causa.

Vediamo allora quali sono stati questi temi scottanti.

Il primo, se restare nel Pd. La quasi certa sconfitta al prossimo congresso che si terrà prima delle europee mette i renziani nella scomoda situazione di chi ha solo da perdere in termini di gestione del potere. Se si aggiunge la constatazione, ben espressa da Rosato e Fioroni, che “comunque vada, si ritorna nelle mani di quelli dei Ds”, riferendosi all’anima di sinistra confluita a suo tempo nel Pd, il sentimento dominante emerso nella riunione è quello di un gruppo con la valigia pronta.



Il secondo, se sostenere veramente Minniti. E su questo i mal di pancia devono essere stati davvero forti. Mezzo governo se ne è già andato, con Gentiloni e Franceschini, e sostiene da tempo la soluzione “senza continuità” rappresentata da Zingaretti. Chi ha tollerato appena le politiche in materia di immigrazione messe in pratica dall’ex ministro dell’Interno vede come una iattura il sostegno in arrivo del governatore campano De Luca, che ha già creato non pochi problemi alla corrente con l’arrivo del figlio Piero, eletto deputato di Salerno con i voti di Caserta.

Secondo alcuni Minniti dovrebbe accettare, prima ancora di scendere in campo, di lasciarsi circondare da un folto gruppo di renziani doc in modo da far capire bene a tutti chi è che comanda. Devono essere perciò aumentate in queste ore le perplessità che stanno inducendo l’ex ministro (ma anche ex occhettiano, ex dalemiano, ex veltroniano, ex prodiano, forse già ex renziano) a lasciar cadere qui la cosa.



Il terzo, se non è meglio sostenere Martina. È quello che pensano Delrio, Guerini e altri storici esponenti della ex Margherita. Il ragionamento è semplice e punta a rivendicare una scelta di continuità con l’accordo sancito durante le ultime primarie con il gruppo che fa capo a Orfini. Il vantaggio di puntare su un volto più giovane, una figura che non presta il fianco alla sinistra sul tema dell’immigrazione e che non ha nessuna possibilità di risvegliare le speranze del popolo piddino, ha il vantaggio di destinare il Pd ad un lungo periodo di marginalità e di subalternità, in attesa di tempi migliori.

Alla fine la riunione si è sciolta senza assumere una decisione formale, ma su Minniti la risposta è stata troppo fredda, cosa che del resto era proprio quello che desiderava Renzi: perché intestarsi una sconfitta, e per di più rimanere vincolati alle sorti future del Pd? Molto meglio non decidere su nessuno dei punti discussi, lasciando ognuno muoversi come meglio crede. E far scaldare i motori alla Bellanova, che da tempo, lungimirante, aveva pronto il suo comitato elettorale.