“Arriva la bomba che scoppia e rimbomba”, cantava un simpatico Johnny Dorelli, mezzo secolo fa o giù di lì. Ma la bomba che rimbomba ci induce a ricordare anche Ferdinando II di Borbone, re delle due Sicilie, il padre del povero Franceschiello, che fu soprannominato “re Bomba” o “Bomba re”, secondo la Treccani, per aver bombardato Messina dopo i moti rivoluzionari del 1848. E pensare che Ferdinando era partito bene, con alcune idee di riorganizzazione dello Stato e la pacificazione dopo le turbolenze napoleoniche. Poi sbracò completamente con i moti del 1848 e si rivelò un conservatore bombarolo, che, secondo alcuni, dopo una lunga malattia, venne pure avvelenato da un vescovo, forse per farlo passare a miglior vita e per il bene generale.
Non indugiamo in troppi ricordi storici. La simpatica canzone dorelliana è quello che più ci ha colpito, provocando risate amare, nell’apprendere da una intervista ( che uscirà domenica) sul glorioso settimanale l’Espresso, che il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, un ex pm che ha messo in imbarazzo la stessa magistratura, nei suoi organi di controllo, e che fu a suo tempo uno degli inquirenti del processo inquisitorio (sic) più interventista nella politica italiana, si candida niente meno che alla guida del Paese.
Nell’attuale confusione politica, nell’inutile lotta a una cosiddetta corruzione politica mai totalmente spiegata e storicizzata, sostituita ben presto da una corruzione dilagante a livello sociale, di base, senza alcuna visione politica, de Magistris appare come uno dei migliori prodotti di questi tempi amari, concitati, irrazionali e irragionevoli.
E’ lui stesso, con una modestia da brividi, che stabilisce la sua tabella di marcia. “Candidarmi alla Regione è inevitabile”, dice il sindaco, per via di un dissenso da strapaese con l’attuale presidente campano Vincenzo De Luca. Ma de Magistris non si ferma alle parodie di Crozza e pensa già a Bruxelles, alle elezioni europee, al Parlamento di Strasburgo dove è pure già stato. Ora è pronto a dimettersi a favore del secondo eletto della sua particolarissima lista per puntare diritto “alla guida del Paese”.
Ecco il sogno o il “delirio” di de Magistris confidato all’Espresso: “Vuole la sincerità? Il mio obiettivo è candidarmi alla guida del Paese. Machiavellicamente parlando, le elezioni regionali ed europee sono due momenti del progetto. A Palazzo Chigi potrò avere gli strumenti con cui attuare veramente la Costituzione repubblicana, che da 70 anni viene al massimo difesa e spesso svuotata”.
Qui siamo all’incubo, che ci fa comprendere la “portata storica” degli studi sulla Costituente fatti dal de Magistris, sui dibattiti delle varie sottocommissioni. Volete un processo penale riformato come indicava Piero Calamandrei? Lasciate perdere de Magistris. Volete una democrazia che diventi più efficiente e più in sintonia con le esigenze del Paese? Non guardate a de Magistris. Aspirate a una coesione funzionale tra stato di diritto, ripresa della democrazia rappresentativa e nuova identità di sviluppo economico? Lasciate perdere de Magistris.
Il sindaco di Napoli non vuole passare alla storia come un nuovo Masaniello, ma facendo sfoggio di una cultura piuttosto dispersiva, si identifica come un “illuminista” ribelle della rivoluzione napoletana del 1799. Poi fa un elenco di autori preferiti: “Leggevo soprattutto filosofia e i miei autori preferiti erano Marx, Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche”. Un ottimo frullato, che però si risolve in una spiccata simpatia per Luigi Settembrini.
Nel seguito dell’intervista ci sono anche valutazioni epiche su Che Guevara e il sub-comandante Marcos. Di questi tempi, è una sorta di “noblesse oblige” questo tipo di citazioni a vanvera.
Forse, in periodi come questi, può anche capitare che il magistrato che, attraverso la famosa e fallimentare inchiesta di Why Not, ha provocato la crisi del governo Prodi nel 2008 e la messa sotto accusa di persone che non avevano alcuna colpa, come poi si è rivelato nelle sentenze, possa ascendere in un momento di follia confusa anche a Palazzo Chigi.
Ma tuttavia l’autocandidatura di de Magistris, anche di questi tempi avventurati, è abbastanza imbarazzante, come ulteriore segno dei tempi. In questo momento l’Italia è al centro di uno scontro con l’Europa, con una inquietante maggioranza “sovranista”, nazionalista e litigiosa, senza un’opposizione seria in Italia, di fronte a una Commissione di Bruxelles che è al contempo arrogante e terrorizzata da quello che può capitare dopo l’aperta ribellione di un paese fondatore dell’Unione Europea.
Sempre in questo momento, il capitalismo italiano, o almeno il tessuto produttivo italiano è alle prese con la ricerca di una sua nuova identità, difficile da identificare nella scelta del “Nec” di Giorgio Fuà, nel capitalismo “leggero”, nell’aspirazione al 4.0 che significa l’innovazione di un processo di prodotto e di imprese che devono fare i conti con la modernità, la tecnologia e una nuova organizzazione del lavoro per un miglioramento della produttività.
E sempre in questo momento, c’è una palese sofferenza della democrazia rappresentativa, che ha bisogno di essere rilanciata. Forse Napoli, con la guida di de Magistris, può essere un esempio con tutti questi appuntamenti? Forse de Magistris ha le stesse aspirazioni di carriera, non certamente politiche di un Donald Trump del Vesuvio.
Siamo effettivamente di fronte a un effetto dei tempi. Forse, usando l’immaginazione, possiamo anche pensare a quello che un tempo i russi chiamavano i “periodi torbidi”.
Fortunatamente in Italia non ci sono gli Stenka Razin e i Pugacev. E allora consoliamoci con “arriva la boma che scoppia e rimbomba” e facciamoci l’ennesima risata amara.