Botte da orbi sul governo del cambiamento. La Commissione europea ha scritto un report di 21 pagine, che contiene però un’affermazione spiazzante: la base formale della contestazione ha poco o nulla a che vedere con la manovra del governo guidato da Giuseppe Conte, perché è relativa al risultato del debito pubblico negli anni 2016 e 2017. Al tempo del Pd insomma.
Ecco il passaggio illuminante della decisione: “Sulla base dei dati notificati e delle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non ha rispettato il parametro di riduzione del debito nel 2016 (gap del 5,2% del Pil) e nel 2017 (gap del 6,6% del Pil)”.
E poi: “complessivamente, la mancanza di conformità dell’Italia con il parametro di riduzione del debito nel 2017 fornisce la prova dell’esistenza prima facie di un disavanzo eccessivo ai sensi del patto di stabilità e crescita, considerando tutti i fattori come di seguito esposti. Inoltre, in base ai piani governativi e alle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non dovrebbe rispettare il parametro di riduzione del debito nel 2018 o nel 2019”.
E cioè quelli di oggi non hanno intenzione di correggere i buchi nei conti pubblici fatti però da quelli di ieri: Renzi e la sua banda del buco.
Ma perché scatenarsi contro i gialloverdi dopo aver taciuto tanto a lungo: da un lato la pressione costante del presidente del Parlamento Antonio Tajani, già vicepresidente della commissione che più volte in questi mesi ha chiesto ai compagni di partito Juncker e Dombrovskis di “fermare Salvini che ci sta portando via tutti gli elettori”. Dall’altra il timore che la candidatura dello stesso Salvini a capo dei sovranisti europei e quindi alla presidenza della Commissione europea alle imminenti elezioni, faccia saltare il banco dell’attuale establishment socialista e popolare.
Dopo avere chiuso un occhio per vent’anni sembra curioso infatti che la commissione Ue li apra tutti e due solo ora. Ed è anche un pizzico rischioso, perché secondo le previsioni per il 2019 il debito medio dei paesi dell’area dell’euro sarà pari all’85% del loro Pil. Sette paesi (oltre all’Italia anche Grecia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio e Cipro) hanno e avranno il debito sopra il 100% del loro Pil, e altri 3 fra il 60 e il 90% del loro Pil: dieci paesi violerebbero quindi la regola del debito che secondo Maastricht fissa il limite del rapporto debito-Pil al 60% e solo l’Italia verrebbe punita.
Per dare quello schiaffone però era necessario usare fatti concreti e non solo su previsioni future. Per questo la contestazione Ue poggia sulla deviazione robusta e sicura dell’Italia dalla regola del debito per due anni consecutivi: il 2016 e il 2017. In quegli anni Salvini era parlamentare europeo, ben lontano dai miasmi di Roma dove imperversava l’altro Matteo. Paolo Savona ha capito al volo l’antifona e cita Cossiga: “l’economia è un grande imbroglio politico”.
Tradotto significa: sbrigatevi a mettermi al posto di Tria che con i cattivoni di Bruxelles mi accordo io e magari Salvini farebbe bene a mollare la Le Pen ed accordarsi con Orban per formare in parlamento europeo un gruppo di nazionalisti distinti e distanti ma non incompatibili con il Ppe. Un gruppo pronto a sostituire La Grosse Koalition (socialisti e popolari) con la Rechts Koalition (popolari e populisti) come in Austria. Diventando parte del sistema in cambio di una nuova lettura dei numeri…