Con un video pubblicato sul portale online di “Libero Quotidiano”, il direttore responsabile Pietro Senaldi dice la sua dopo la condanna di Tribunale e Ordine dei Giornalisti per quel famoso titolo su Virginia Raggi: «È un momento tristissimo, i politici possono dare delle prostitute ai giornalisti e di fatto non succede nulla, con l’Ordine che non fa niente; viceversa un giornalista dà della “patata bollente” – che significa “grana” e non “prostituta” – per i disastri che ha combinato il sindaco e viene processato». La difesa è simile a quanto fatto dallo stesso Feltri mesi fa, anche se diversi colleghi di quotidiani avversari non la pensano nello stesso modo e accolgono come giusto e corretto l’intervento dei giudici. Senaldi allora ribatte, «i politici hanno piegato le ginocchia di fronte ai magistrati per risolvere i problemi personali e noi ora pieghiamo le ginocchia di fronte ai politici che faranno strage di questa categoria», fa riferimento ancora agli attacchi che soprattutto i vertici M5s pongono contro i giornalisti stessi. «Per me “patata bollente” – continua un Senaldi letteralmente imbufalito per la condanna – e anche secondo lo Zanichelli, significa “grana”: di tutti i centinaia di modi che ci sono in italiano per dire che “una donna è facile” patata bollente non rientra tra questi». In conclusione, Senaldi spiega nel video come «secondo i giudici invece quel termine lì significa proprio “donna di facili costumi”: l’ordine mi condanna non per una mia opinione ma per una opinione dell’Ordine dei Giornalisti. Detto questo, i veri condannati sono i romani perché nessuno potrà salvarli dalla Raggi e non è la condanna a me che farà della Raggi un buon sindaco».



“PATATA BOLLENTE”, FELTRI-SENALDI CONDANNATI PER IL TITOLO SU VIRGINIA RAGGI

Alla fine la spunta l’Ordine dei Giornalisti e l’accusa contro il quotidiano “Libero”: il giornale diretto da Vittorio Feltri e Pietro Senaldi viene condannato dal Tribunale di Milano per il titolo – considerato sessista – “Patata bollente” dedicato alle questioni processuali e personali della sindaco di Roma Virginia Raggi. Con la sentenza di primo grado viene così confermata la delibera del Consiglio di disciplina dell’Ordine nazionale dei Giornalisti contro Pietro Senaldi, direttore responsabile della testata guidata da Vittorio Feltri. L’articolo fu proprio scritto all’epoca (era il 10 febbraio 2017) dallo storico giornalista e fondatore di Libero Quotidiano e quel titolo, nel periodo di massimo “attacco mediatico” contro il sindaco della Capitale venne considerato un vero e proprio “dileggio sessista che colpiva la sfera personale”, come spiega lo stesso Ordine dei Giornalisti: «Il titolo presenta evidenti richiami sessuali e un dileggio sessista poiché riferito alla sindaca e alle sue vicende personali che venivano legate alla notizia dell’inchiesta in cui era coinvolta».



LIBERO, LA DIFESA DI VITTORIO FELTRI

Condannati al pagamento di 20 mila euro di spese legali, Senaldi e Feltri vengono considerati “colpevoli” dall’Ordine della Lombardia per quella “Patata bollente” considerato un doppio senso sessista (contro le donne e contro le sue vicende personali). Lo stesso direttore responsabile si difese al processo dicendo che il “doppio senso” aveva una accezione «affettuosa»: non solo, come riporta ancora Pietro Senaldi in un breve commento su Repubblica «E dire che in questi giorni quel titolo è stato tirato in ballo da Di Maio per giustificare gli attacchi ai giornalisti colpevoli, a loro dire, di ‘sciacallaggio’ su Virginia Raggi tanto più perché donna». L’Ordine dei Giornalisti, confermato anche dalla condanna del Tribunale, si è scagliato contro il quotidiano perché con quel titolo si accostava «Virginia Raggi alla vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi e delle “olgettine”». Proprio Vittorio Feltri, all’epoca dello scandalo generato dalla sua “Patata bollente” in prima pagina, si difese facendo riferimento ad altri titoli simili, anzi proprio uguali: «Ma perché dovrei chiedere scusa? Di che cosa? Per la patata bollente? Ma stiamo scherzando? Che questa sia una patata bollente non c’è il minimo dubbio». Secondo Feltri, «Questo stesso titolo lo feci il 15 gennaio 2011 su Libero, dove ero tornato da poco come direttore editoriale, per il caso Ruby rubacuori. L’occhiello era: ‘Silvio rischia grosso’. Il titolo: ‘La patata bollente’. Lo stesso titolo, ‘la patata bollente’, fatto su Ruby e con foto di Ruby va bene, se invece lo facciamo sulla Raggi non va bene? Come mai…».

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