Visto dalla Cina tutto sembra chiaro su cosa sta succedendo nello scontro in atto tra Ue, Stati membri dell’Unione e Italia. Del resto, vale sempre la regola del rasoio di Occam, spesso la spiegazione più semplice è quella più vera.

Il problema è che è finito il tempo in cui l’Italia poteva ricattare il mondo con “o mi aiutate o muoio, ma morite anche voi” perché il paese, essendo troppo grande per fallire, avrebbe così dato inizio a una crisi globale che nessuno voleva quando il mondo non si era ancora ripreso dal crollo americano del 2008.



Oggi è già cominciata una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina che sta provocando e sempre più provocherà danni ben maggiori della bancarotta dell’Italia. Questa guerra fredda ridefinirà molte regole del commercio e di tutta l’economia globale.

Questo scontro è molto più importante della crisi italiana. Per cui o l’Italia fa quello che le si dice oppure il suo destino è irrilevante: vada pure in bancarotta, la Ue e gli Usa non possono perdersi dietro il Belpaese.



In realtà, il problema non è nei numeri della manovra, e forse nemmeno sui singoli provvedimenti presi. Monti aveva scommesso che avrebbe salvato l’Italia obbedendo alle strette regole Ue e ha fallito; ora Tria e Savona scommettono di salvare l’Italia e di abbattere il debito, cercando di spingere la crescita. La scommessa non è folle, specie se accompagnata, come è il “piano Savona”, da una proposta di riforma della Ue.

Il tentativo può andare bene o male, certamente Usa e Ue avrebbero potuto dargli più spazio. Non lo hanno fatto perché è mancata la politica estera e l’alleanza di governo ha dato povera prova di sé, affogando in liti fratricide.



Sia nel senso che non si è lavorato abbastanza per fare capire al mondo cosa stesse succedendo in Italia e cosa l’Italia volesse fare, sia nel senso che l’Italia non ha capito la rapida evoluzione negli ultimi mesi dello scontro Usa-Cina e delle sue implicazioni globali. Infine, nel senso che le liti del governo italiano, tra i due vicepremier che bisticciavano come comari e il premier che sembrava stesse da un’altra parte, hanno proiettato una profonda impressione di inaffidabilità. La prima regola del credito è invece l’affidabilità.

Il risultato netto? Se l’Italia snobba la Ue, la Ue snobba l’Italia, e poi ognuno veda di tirare le somme.

In questa situazione a marzo-aprile, quando in Germania o in Francia si sarà nel pieno della campagna elettorale per le elezioni del parlamento europeo, i politici al governo potranno dire: abbiamo domato la Gran Bretagna, facendole fallire il Brexit, e abbiamo domato o cacciato l’Italia. Con due scalpi di questa portata i partiti al governo potrebbero arginare l’ondata sovranista.

Dopo il voto sarà peggio, evidentemente. I sovranisti aumenteranno e così aumenterà la loro forza di ricatto, e tutti vorranno soddisfarli per non esserne sopraffatti. Per loro il problema più grande quale sarà? Se n’è già vista un’anticipazione con il monito sulle regole venuto da Austria e Ungheria: l’Italia con la sua montagna di debiti e il suo mare di immigrati. La soluzione più facile quindi diventerà cacciare l’Italia dall’euro o domarla: dovrà essere l’Italia a scegliere.

Questo spaccherà il paese. Il Nord, con l’industria esportatrice, avrà bisogno di rimanere nell’euro a tutti i costi, quindi pagherà qualunque cosa, anche una super patrimoniale; il Sud, sganciato dall’Europa, senza niente da guadagnare e tutto da perdere, vorrà sottrarsi a ogni pagamento, voterà per l’uscita.

In tutto questo, per esempio, la Russia sostiene questa Italia, ed è la prova del nove che l’analisi è esatta. La Russia, che ha tutto da guadagnare in una guerra fredda Usa-Cina, vuole tenere l’Italia viva ma sanguinante perché da viva dissangua l’Occidente e lo distrae dalla vera questione. Una ragione in più perché l’Occidente regoli la questione Italia rapidamente.

Di fronte a questo si aprono scenari che il governo italiano dovrebbe rapidamente affrontare.