Il Presidente della Bce Mario Draghi è intervenuto questo pomeriggio al Parlamento Ue e ha confermato, una volta di più, la fine del QE a partire dal mese di dicembre: «stop al Quantitative Easing anche se le politiche interne insostenibili sui conti pubblici rischiano di minare la coesione dell’unione economica e monetaria». Solo pochi giorni fa il n.1 della Banca Centrale Europea (in scadenza nel prossimo giugno, ndr) aveva in qualche modo riaperto una piccola “finestra” sulla possibilità di prolungare ancora di qualche mese la politica del QE verso i titoli di stato dei vari Paesi europei, ma con il discorso di oggi sembra che quello spiraglio si sia chiuso forse per sempre. Forse: «I dati disponibili dalla mia ultima visita a settembre sono stati più deboli delle attese. Un graduale rallentamento è normale mentre l’espansione matura e la crescita converge verso il potenziale di lungo termine. Parte del rallentamento può essere anche temporaneo. Allo stesso tempo, i rischi legati al protezionismo, vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità nei mercati finanziari resta prominente».
IL DISCORSO DI MARIO DRAGHI AL PARLAMENTO UE
Draghi si è detto comunque fiducioso dell’andamento dell’inflazione “core” e del fatto, soprattutto, che gradualmente aumenterà anche il suo obiettivo vicino al 2%: le preoccupazioni però sulle situazioni delle singole economie nazionali restano intatte, e non solo sull’Italia. «Il Pil dell’Eurozona è salito dello 0,2% nel terzo trimestre, dopo l’incremento dello 0,4% del secondo. Le prossime settimane – ricorda ancora il n.1 Bce – e i prossimi mesi che mancano alla conclusione del mandato del Parlamento europeo, saranno decisivi per fare concreti passi in avanti sulla riforma dell’unione economica e monetaria». In merito all’attuale situazione della Manovra italiana a rischio di procedura d’infrazione della Commissione Ue, Mario Draghi non si sbilancia troppo ma nei fatti lancia un avvertimento che suona quasi come una mini “strigliata”: «c’è un dialogo, sono sempre stato fiducioso che un accordo può essere raggiunto. Ho detto molte volte che i Paesi ad alto debito devono abbassarlo, perché riducendolo si rafforzano. Ma non aggiungo altro». Invece lo aggiunge subito dopo quando, senza citare direttamente il caso-Italia, il Presidente ricorda «Come ho detto tante volte i Paesi con elevato debito pubblico devono ridurre il debito. […] Politiche insostenibili conducono alla fine ad aggiustamenti socialmente dolorosi e finanziariamente costosi che possono minare la coesione dell’Unione monetaria»