Un scontro “d’altri tempi” quello visto in tv ieri sera a DiMartedì tra il vicepremier Luigi Di Maio e il direttore di Repubblica Mario Calabresi: bordate, liti, toni accesi ma anche nessun “insulto” e tentati colpi da ko l’uno verso l’altro. Da mesi si rincorrono le “bordate” tra Repubblica e il leader M5s, con la libertà di stampa e le fake news che si “rincorrevano” come temi sballottati da una parte e dall’altra: più volte Di Maio ha minacciato ulteriori tagli ai finanziamenti pubblici per l’editoria, attaccando il Gruppo Espresso per continue “bufale” contro il Movimento 5 Stelle, Di contro Calabresi e il gruppo Repubblica-Espresso hanno replicato alzando le bandiere del rischio di libertà di stampa “col bavaglio” contro il nuovo Governo Lega-M5s: in mezzo però anche tanti “casi” minori, piccoli attacchi finanche gaffe come quelle “svelate” ieri dallo stesso Calabresi contro i vertici del M5s. Nel bel mezzo del duello in tv su La7, con un Giovanni Floris mezzo imbarazzato, il direttore di Repubblica attacca: «Le ridò una querela che mi è arrivata ed è intestata a Luigi Calabresi, che come tutti sanno è morto molti anni fa, così me la ridate giusta. Dà l’idea dell’approssimazione con la quale fate le cose». DI Maio prova a replica, spiegando che «Sarà un errore formale dell’avvocato. Ci sono tante approssimazioni anche nelle cose che scrivete nei vostri articoli».



SCONTRO DI MAIO-CALABRESI ANCHE SULLA LIBERTÀ DI STAMPA

Il campo di battaglia si è poi spostato sul fronte della libertà di stampa, con bordate da entrambe le parti del ring: «Un dato essenziale della libertà di stampa è che la politica non metta il naso nelle cose dei giornali», attacca dall’angolo sinistro Calabresi, pronta replica del vicepremier M5s «La libertà di stampa non significa libertà di scrivere bugie», con Di Maio che subito precisa «Voglio un giornale che faccia le pulci al governo ma non abbia la libertà di dire bugie». A quel punto il leader grillino mostra diverse prime pagine di Repubblica con notizie a suo modo “totalmente false” e lì interviene “l’arbitro” Floris che sentenzia «imbarazzante il fatto che un ministro ripercorra tutte le prime pagine contestando i titoli». Inutile dire che lo scontro si è poi portato anche sul fronte editore del Gruppo Rep-Espresso, quel Carlo De Benedetti che da tessera n.1 del Pd non è per nulla gradito a Di Maio: «voi volete un regime corano per scegliersi gli editori che vi piacciono», attacca il direttore Calabresi, con la difesa del Ministro (dopo quella andata in scena poco prima sul caso-querelle dell’azienda del padre Antonio) «Due le cose che servono in un paese civile. Primo, voglio un editore che non dia notizie sulla sanità pubblica da proprietario della sanità privata. Secondo, va rispettata la dignità dei giornalisti che significa pagarli con prezzi equi».

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