Matteo Salvini vola nei sondaggi, settimana dopo settimana guadagna terreno. Ora Nando Pagnoncelli ci svela quello che già si poteva intuire, cioè che dopo aver disarticolato il centrodestra la Lega si sta mangiando un po’ alla volta anche i 5 Stelle. Se infatti il consenso al governo resta molto elevato, attorno al 60 per cento, cambiano invece i rapporti di forza tra i due contraenti del contratto: Di Maio scende regalando il suo elettorato a Salvini. Le rilevazioni fanno intendere che difficilmente la Lega potrà rosicchiare più di così al centrodestra, ma che ampi pascoli si aprono tra i grillini.
La discussione sulla legge di bilancio ha aperto un capitolo nuovo nell’esperienza dell’esecutivo gialloverde. Non è soltanto il momento in cui le diversità tra i due partiti sono emerse nettamente, come le idee sulle grandi opere, sulla spesa assistenziale e sui rapporti con l’Europa. Si è infatti anche palesata l’inconsistenza di Di Maio e l’impreparazione della pattuglia a 5 Stelle, tra gaffe e irresolutezze che accomunano vari ministri, da Danilo Toninelli a Giulia Grillo fino a Barbara Lezzi. Ma contestualmente sta salendo a galla un certo malessere verso la Lega da parte del suo elettorato più forte, quello del Nord, che approva sì il pugno di ferro su immigrazione e sicurezza, ma non riesce a digerire il grado di tolleranza verso i grillini, giudicato troppo elevato.
C’è però un rovescio della medaglia che comincia a preoccupare Salvini. Già Di Maio perde consenso per colpa dell’opposizione interna e del malcontento dell’elettorato duro e puro su Tav, Tap, reddito e pensioni di cittadinanza, eccetera. Se ci si mette anche il ministro dell’Interno a scavare il terreno sotto i piedi di Giggino, il risultato è che si destabilizza non solo la componente grillina, ma lo stesso esecutivo. Ed è chiaro che per il M5s aumenta la necessità di invertire la rotta, e che ciò può avvenire rilanciando e cavalcando questioni più identitarie e barricadiere.
È in questo contesto che si spiega perché i pentastellati stiano forzando sulla questione della prescrizione, con un emendamento al Ddl anticorruzione che ne prevede il blocco dopo la sentenza di primo grado. Il tema è di fuoco, in ballo c’è un cardine del diritto penale italiano. L’emendamento ha uno sponsor di prima grandezza, lo stesso ministro della Giustizia. Per Alfonso Bonafede “la prescrizione esiste solo in Italia” e “occorre farla finita con il grande equivoco che consente ad alcune categorie protette di salvarsi grazie ai cavilli”. Populismo e giustizialismo a manetta.
Salvini ha mandato avanti la ministra Giulia Bongiorno. L’avvocato è il personaggio giusto per scansare le accuse di voler favorire i colpevoli mettendo un limite alla durata dei processi. “Come ai tempi di Berlusconi mi sono battuta contro la prescrizione breve, così ora sono contraria alla sua cancellazione — ha detto Bongiorno —. La prescrizione ha un’etica, non si può tenere in ostaggio un imputato tutta la vita. L’emendamento non posso accettarlo, è una bomba nucleare sul processo”.
La Lega ha ribattuto presentando un altro emendamento al Ddl anticorruzione il quale chiede di cancellare la norma che impone trasparenza alle donazioni ai partiti. Il nervosismo cresce al crescere dei consensi per Salvini e i suoi. Lungo la strada della Lega si potrebbe dunque profilare un bivio: scommettere ancora sulla tenuta dei 5 Stelle e trovare sempre nuovi punti di compromesso su questioni chiave, con il rischio però di scontentare una fetta importante del proprio elettorato, oppure forzare la mano fino a fare implodere i grillini su sé stessi. E staccare la spina a questo governo.