Nuovo capitolo del botta e risposta tra Luigi Di Maio e Repubblica, con il quotidiano che ha replicato al duro attacco del ministro in quota M5s sul condono di Ischia e la casa di famiglia. Ecco quanto pubblicato sul sito internet: “I fatti non si piegano alle convenienze. È una delle regole attraverso cui passa la credibilità e la trasparenza di un leader politico. Prendiamo atto che il vicepremier e capo del M5S Luigi Di Maio lo abbia appena sperimentato, confermando in una diretta Fb tutto quello che Repubblica – rigorosamente attenendosi a dati pubblici e incontestabili – aveva scritto, relativamente alla sanatoria concessa a suo padre, dal Comune di Pomigliano d’Arco, nel 2006, avente per oggetto il palazzetto in cui risulta residente il leader del Movimento. Di Maio, tuttavia, anche stavolta incorre in qualche imprecisione. E in alcune omissioni”. Conchita Sannino spiega in tre punti le inesattezze del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, due tecnici e uno politico, aggiungendo: “Il vicepremier Di Maio, se leggesse di più e meglio, saprebbe cose che evidentemente in casa, gli erano sfuggite, almeno da 12 anni. E soprattutto dica cosa pensa del condono e di come possa ora vietare a Ischia cioè che in casa sua era stato concesso. I fatti, come lui stesso ha dimostrato spiegando, non si piegano alle convenienze”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



DI MAIO ATTACCA REPUBBLICA

Nuovo scontro tra Luigi Di Maio e Repubblica, stavolta per la vicenda del condono della casa di famiglia a Pomigliano d’Arco. «Ho chiamato mio padre e gli ho chiesto cosa avesse combinato», ha raccontato il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, spiegando che la vicenda in realtà parte dal 1966, quando suo padre aveva sedici anni. «Mio nonno, che ora non c’è più, costruì la casa dove vive tuttora la mia famiglia in base ad un decreto regio del 1942, ancora vigente nel 1966». Quando nel 1985 il nonno non c’era più, «mio padre venne a conoscenza di una legge per regolarizzare qualsiasi manufatto costruito in precedenza, e chiese di regolarizzare la casa». Il vicepremier Di Maio si è lamentato di come «non sia bello vedere la propria famiglia sbattuta a pagina 10 come i furbetti del condono edilizio». Poi ha ricordato che il padre «presentò una domanda ad aprile 1986, io nasco tre mesi dopo, spero che mi si riconosceranno le attenuanti dell’incapacità di intendere e volere». La svolta nel 2006: «Mio padre riceve la risposta del comune che gli dice di pagare duemila euro e regolarizzare così la casa costruita nel 1966. Questo sarebbe il grande scoop di Repubblica, io condonista… Peccato però che non abbia mai titolato per gli scudi fiscali sotto i governi Renzi, Letta e Gentiloni». Infine, ha lanciato una frecciatina al quotidiano: «Mi perdonerete se oggi ho comprato Repubblica non lo farò spesso, lo farò solo quando serve». (agg. di Silvana Palazzo)



IL PADRE SANÒ NEL 2006 L’ABITAZIONE DI POMIGLIANO

Condono Di Maio. Il padre del ministro del lavoro e dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, aveva ottenuto nel 2006 la sanatoria di un abuso edilizio riguardante la casa di famiglia di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli (Campania). A conferma del condono, la ricostruzione fatta quest’oggi dal quotidiano Repubblica, citando apposita documentazione conservata negli archivi, pratica numero 1840, del protocollo 7850 del 30 aprile 1986. La richiesta di sanatoria da parte di Antonio Di Maio, 68enne geometra e piccolo imprenditore, riguardava due piani di un palazzo per un totale di 150 metri quadri di superficie. Quella costruzione, in base a quanto emerso, avrebbe avuto una serie di aree non conformi alle norme, tutte poi condonate dopo il pagamento di una multa. La richiesta di Di Maio senior per condonare qui due piani della casa di famiglia avvenne appellandosi alla legge numero 47 del 1985, governo Craxi-Nicolazzi, che introduceva per la prima volta in Italia, appunto il condono.



CONDONO DI MAIO

La risposta alla famiglia Di Maio avvenne diversi anni più tardi, appunto nel 2006 un “ampliamento di un fabbricato esistente – si legge sulle carte – al secondo e terzo piano”. Il 17 giugno di 12 anni fa si chiuse la pratica con una multa da pagare pari a due rate da 594 euro ciascuna, più oneri di concessione pari a 410 euro, più un’ulteriore differenza visto l’errato calcolo dei metri quadri rispetto a quelli indicati nelle carte. Un totale di circa 2 mila euro per sanare quelle opere abusive realizzate, un fatto che come ci tiene a sottolineare l’edizione online del quotidiano Il Giornale, non sarebbe mai emerso, nemmeno nel 2016, dieci anni, quando l’attuale vice presidente del consiglio votò in maniera favorevole in merito all’espulsione di Rosa Capuozzo dal Movimento 5 Stelle, ex sindaco di Quarto, proprio per un episodio molto simile a quello di Di Maio. Il primo cittadino campano viveva infatti in una casa con un’opera ancora da condonare, ma un consigliere comunale dei grillini, una volta scoperto “l’arcano”, denunciò il tutto, favorendo l’allontanamento della stessa.