Accordo raggiunto sulla prescrizione: il contratto di governo non salterà, come aveva minacciato Di Maio, ma la riforma entrerà in vigore solo nel 2020, come chiesto da Salvini. Nel merito, M5s ottiene ciò che voleva (blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di condanna sia in caso di assoluzione), ma la Lega riesce a rinviare di un anno il programma iper-giustizialista accanitamente voluto dal ministro Bonafede (e gradito a Piercamillo Davigo). Il risultato politico di Salvini è stato quello di guadagnare tempo, un tempo utile a che gli eventi seguano il loro corso: “Non sappiamo nemmeno se nel 2020 ci sarà ancora un governo Conte a Palazzo Chigi”, commenta Fabrizio d’Esposito, cronista e opinionista politico del Fatto Quotidiano. Appunto. E in mezzo ci sono le europee, che potrebbero cambiare tutto, anche l’inquilino di Palazzo Chigi.



Dunque il governo va avanti, ma in un’altalena di scambi e concessioni che sembrano giorno dopo giorno logorare il contratto. Salvini vince sul decreto sicurezza, Di Maio ottiene la prescrizione a più di un anno di distanza e per non risultare perdente manda subito un segnale politico, bocciando il ddl Pillon sull’affido condiviso (“Questa legge non è nei programmi di approvazione dei prossimi mesi perché così non va”).



Cosa dire dell’accordo sulla prescrizione?

E’ un compromesso che mette in evidenza una volta di più le difficoltà di Di Maio. Salvini appare sempre di più come il leader che ottiene tutto e subito, mentre tutto ciò che chiedono i 5 stelle è come se fosse un assegno postdatato. Con tutti i dubbi poi che sono legati all’attuazione dei provvedimenti.

Salvini ha ottenuto di posticipare l’entrata in vigore della prescrizione al 2020. Con le europee di mezzo, può succedere di tutto.

Appunto. Non sappiamo nemmeno se nel 2020 ci sarà ancora un governo Conte a Palazzo Chigi.

Quando si andrà al voto?



Salvini ha una sola ossessione: come capitalizzare il 30-33 per cento che prenderà alle europee. A quel punto davanti a sé avrà due strade. Una è quella di dire che i rapporti di forza sono cambiati e che per questo gli spetta il governo: un po’ come fece Renzi con Letta. L’altra, chiedere elezioni anticipate.

E’ vero che Di Maio non può agitare lo spettro delle urne a causa del doppio mandato? Lui e molti parlamentari a 5 Stelle uscirebbero di scena.

Sì e Salvini sa benissimo che le minacce di Di Maio sono spuntate proprio per questo motivo.

Il governo potrebbe cadere sulla legge di bilancio?

Non credo, non è mai accaduto. Penso però che in vista del voto europeo gli egoismi delle forze di governo andranno esasperandosi, perché i due partiti vorranno intestarsi i provvedimenti uno a scapito dell’altro.

A Davigo il rinvio della prescrizione non è piaciuto. “Vedremo gli effetti quando sarò morto”, ha detto. E’ stato lui a volerla?

Ma no, una prescrizione così fatta la vogliono tutte le persone oneste. Il problema di Davigo è che gli effetti della politica non coincidono con lo schema che lui aveva in mente.

Metodo e merito del provvedimento potrebbero non piacere nemmeno al Quirinale.

Finora Mattarella, tranne che nel caso del no a Savona, ha sempre lavorato per una mediazione e l’ha trovata. Il capo dello Stato, per non trovarsi di fronte a una strada senza uscita, farà di tutto per non imboccarla. In questo senso il rinvio ottenuto dalla Lega aiuta anche il Colle.

Sabato Virginia Raggi rischia una condanna per falso nella nomina di Renato Marra. Se colpevole, secondo il codice dei 5 Stelle dovrebbe dimettersi.

La situazione di Roma è sotto gli occhi di tutti. Va detto che questi due anni non hanno fatto emergere uno straccio di candidatura alternativa a sinistra.

Vuol dire che Roma in caso di elezioni andrebbe al centrodestra?

Si sono fatti i nomi di Bongiorno, Saltamartini, Meloni, non sappiamo chi potrebbe essere il candidato, però se a Roma il centrodestra si presenta unito può vincere al primo turno.

Nel Pd c’è una componente che crede ancora in un patto con M5s. Un’ipotesi che probabilmente non dispiace a Roberto Fico.

A mio modo di vedere i machiavellismi interni al Pd su correnti, congresso e candidature non fanno appassionare gli elettori dem, che certamente sono più avanti dei loro dirigenti. In generale, secondo me c’è voglia di una formazione di sinistra, magari depurata da Renzi e dal renzismo. Il punto vero è che cosa accadrà alle europee. Se Salvini dovesse stravincere, un Pd a guida Zingaretti non avrebbe interesse ad andare a elezioni anticipate e allora un’ipotesi come quella che dici potrebbe essere presa in seria considerazione.

Ma sarebbe fattibile?

Ci sono due elementi che per ora si annullano a vicenda. Il primo è che Renzi controlla i gruppi parlamentari. Sarebbe l’ostacolo maggiore. Il secondo è che la vocazione maggioritaria del Pd oggi è un non senso e l’unica possibilità per non morire all’opposizione è instaurare un dialogo con M5s.

Chi vincerà le europee?

I primi due partiti saranno sempre M5s e Lega, ma i rapporti di forza saranno invertiti, si tratta di vedere in che misura. Stando alle rilevazioni di Pagnoncelli per il Corriere, il 16% di coloro che il 4 marzo hanno votato M5s oggi voterebbero Lega.

Allora la componente che vuole il patto con il Pd va relativamente crescendo.

Sì. In questo momento i 5 Stelle pagano una confusione di identità. Chi ha detto che destra e sinistra si equivalgono? Non è vero e Salvini lo dimostra. M5s si trova in una tenaglia alla quale per Di Maio sarà sempre più difficile sottrarsi.

(Federico Ferraù)