C’è stata un’epoca in cui al papa si contrapponeva un antipapa. Oggi forse a un premier si contrappone un anti-premier. Il braccio di ferro fra i due partners di governo conosce una nuova puntata: se il Movimento 5 Stelle sembra mandare avanti Giuseppe Conte per arginare l’attivismo di Salvini, il leader leghista risponde trasformando il Viminale in una sorta di Palazzo Chigi parallelo, incontrando lui, prima del presidente del Consiglio, i rappresentanti di quindici categorie produttive, Confindustria in testa. Si muove come se il premier fosse lui.



In questi giorni di delicata chiusura della trattativa con l’Europa sulla legge di bilancio i grillini sembrano aver puntato tutte le loro carte su Conte. Troppo appannata la figura di Luigi Di Maio, alle prese anche con imbarazzanti vicende attinenti alle attività economiche del padre. Avanti il premier, allora, in primo luogo nel negoziato con Bruxelles, con la conseguente messa da parte anche del titolare dell’economia, Giovanni Tria, che pure sarebbe il primo interlocutore della Commissione.



Di questa strategia di contenimento Salvini sembra non curarsi. Si muove da capo del governo, e non solo sul suo terreno. Premier e vicepremier si sono precipitati entrambi a Ancona, dopo la tragedia della discoteca di Corinaldo. E questo sarebbe lo specifico del ministro dell’Interno. Ma la trattativa con le parti sociali sarebbe propria del ministro del Welfare, o dello Sviluppo Economico (che in entrambi i casi si chiama Luigi Di Maio), o del capo del governo. Il tavolo con le 15 associazioni imprenditoriali al Viminale, invece, appariva invece identico a quelli tante volte fotografati nella Sala Verde di Palazzo Chigi.



Concorrenza diretta, quindi, per esprimere due linee politiche sempre più divergenti. I 5 Stelle sembrano rinfrancati dalla riuscita della manifestazione No Tav di Torino. Ha radunato più gente delle “madamine” che avevano chiamato a raccolta i favorevoli all’Alta velocità Torino-Lione. Una boccata d’ossigeno per il Movimento, in grande difficoltà sul terreno delle politiche per lo sviluppo, incapace di dialogare con le categorie produttive.

Nei tempi sincopati della politica di oggi la risposta di Salvini è arrivata nel giro di poche ore, con un dialogo giudicato dal numero uno degli industriali, Vincenzo Boccia, “la prima volta che ci ascoltano”. Ora imprenditori e sindacati verranno ricevuti anche dal premier, nelle stesse ore in cui si definisce il nuovo testo della legge di bilancio. Ma anche su questo il duello è sotto gli occhi di tutti. Mentre Conte conduce il gioco, Salvini si fa dare un plebiscitario mandato a trattare con Bruxelles dal suo popolo che gremisce Piazza del Popolo. Un mandato che vale per il domani, per il post-elezioni europee, ma anche per l’oggi. E agli eurocrati manda a dire in diretta tv che non si può rompere per qualche decimale, sostituendosi in questo al premier.

Probabile che alla fine fra il 2,1 che sembra il minimo accettabile dall’Italia e l’1,9 massimo tollerabile da Bruxelles si finisca per chiudere al 2,0% del rapporto deficit/Pil. Approvare la legge di bilancio evitando la procedura d’infrazione diventerà allora possibile, anche se servirà una corsa contro il tempo per varare la manovra, totalmente riscritta, entro il 31 dicembre. Il difficile arriverà allora.

Dopo la legge di bilancio tutto diventa possibile: dalle dimissioni di Tria a un rimpasto ampio, sino a una vera e propria crisi di governo. Se la coalizione gialloverde vorrà proseguire, dovrà fare un sostanziale tagliando al contratto di governo su cui è nata, viste le distanze esagerare su troppi argomenti, come politiche per lo sviluppo economico, opere pubbliche, legittima difesa, migrazioni, e quant’altro. Difficile immaginare che si possa andare avanti litigando su ogni questione, come sta avvenendo in questo autunno caldo.

A parole tanto Salvini da una parte, quanto Di Maio e Conte dall’altra, assicurano che il governo durerà cinque anni. Ma senza una messa a punto sostanziale è davvero difficile immaginare che il governo riesca a durare tutta la legislatura.