“La ritirata c’è stata, ma non è una manovra dettata da Bruxelles”, spiega Aldo Giannuli, storico e saggista. Ieri la Commissione ha detto sì alla legge italiana di bilancio di fatto modificandola — più tagli, un fondo di garanzia di 2 miliardi non spendibili, aumento delle clausole di salvaguardia Iva 2020 e 2021 — e riservandosi di sorvegliarne l’attuazione già a gennaio. Secondo Giannuli il via libera (con riserva) della Commissione avvantaggia più la Lega di M5s, che sarà penalizzato alle europee; ma anche per Salvini sorgeranno imprevisti, quando il Nord avrà chiaro che la flat tax non si farà.



Berlusconi e Gentiloni hanno detto in perfetta sintonia che la manovra è stata scritta da Bruxelles. E’ così?

Non sono d’accordo. Sicuramente la manovra rappresenta un arretramento molto forte rispetto al progetto iniziale, se pensiamo che nella primissima ipotesi il target di deficit era il 2,48%. Il risultato finale, quel 2,04%, è certamente più vicino agli obiettivi della Commissione, anche se nemmeno questi sono rispettati: Moscovici e Dombrovskis volevano l’1,6%.



Bisogna poi vedere come saranno realizzati il reddito di cittadinanza e quota 100.

Questo è l’altro elemento importante. La cornice, i saldi, ci sono, ora si tratta di costruirvi all’interno reddito e pensioni: e occorre vedere come il governo lo farà. E soprattutto, in quanti avranno diritto ai provvedimenti e cosa faranno coloro che ne saranno esclusi.

Sarà più difficile per la Lega o per M5s fare i conti con le rimodulazioni dei due provvedimenti-simbolo?

Premesso che è molto più importante quel che la gente recepisce che il dato in sé, allo stato attuale chi è messo peggio sono i 5 Stelle, perché sono quelli che hanno incassato più sconfitte rispetto alle promesse: Ilva, Tap, terzo valico. E anche sulla Tav secondo me dovranno capitolare. Però l’anno prossimo i dolori peggiori toccheranno alla Lega.



Per quale motivo?

Salvini dovrà ammettere di non avere i margini per fare la flat tax. E l’elettorato del Nord che ha votato Lega non glielo perdonerà.

Che cosa ha condizionato di più la trattativa, secondo lei?

Lo spettro della procedura di infrazione. Se fosse scattata avrebbe reso molto più difficile la vita del governo, a cominciare dal rapporto con il Quirinale. Va detto che nel frattempo è emerso un altro problema serio, a dire il vero non imprevedibile: il governo ha fatto i conti senza l’arresto dell’economia globale. Saltata la stima di crescita dell’1,5%, il presupposto della manovra iniziale non c’era più.

Come si è esercitata la moral suasion del Quirinale?

Attraverso Conte e Tria. Più che di moral suasion, credo si sia trattato di una pressione piuttosto energica.

I sondaggi potrebbero aver influito nel rendere Salvini e Di Maio più possibilisti verso la Ue?

Penso che abbiano avuto un peso del tutto relativo, perché sono numeri ballerini. Adesso il voto che conta è quello delle europee di fine maggio, si ragiona con quell’obiettivo. Ma cinque mesi sono tanti e i sondaggi che si vedono in giro non tengono conto delle nuove formazioni politiche che possono presentarsi. Nell’aria ce ne sono tre o quattro e non bisogna trascurarle.

Vediamole.

Il nuovo aggregato post-Dc: può aspirare a un 4-5%. Poi la lista di de Magistris, la lista di Pizzarotti con i suoi sindaci, infine Potere al popolo. Queste ultime tre possono certamente erodere ai fianchi M5s. La lista Bonino può dar fastidio sia ai 5 Stelle, sia a FI. E’ possibile che non tutte arrivino al 4%, però qualcuna di sicuro sì.

E sarà il Movimento 5 Stelle a pagarne il prezzo maggiore?

Sì perché oggi i 5 Stelle sono i più fragili e i più esposti alle formazioni che ho detto. Però anche la Lega ha alcune incertezze, Casa Pound a Roma può danneggiarla, lo stesso si dica per un eventuale rassemblement di liste di estrema destra intorno a FdI. Ma ripeto, cinque mesi sono tanti.

Un voto politico prima delle europee?

Troppo complicato. Invece, non scommetterei una lira sulla durata del governo dopo le europee. Innanzitutto bisogna vedere come cambia la somma di M5s e Lega rispetto al risultato del 4 marzo.

La sua previsione?

Ora è impossibile fare una previsione seria, in ogni caso perdere 3 o 6 punti non è la stessa cosa. Se M5s si attesta oltre il 30% perdendo 3 punti rispetto alle stime, consolida il risultato di un anno fa. Ma se scende sotto il 28% con una flessione di 5-6 punti, è un altro discorso.

E Salvini? Oggi la Lega viene data intorno al 34%.

Mi pare una sovrastima. Se la Lega prende dal 25% in su è un successo, perché incrementa di 7-8 punti il voto del 4 marzo. Sotto il 25% l’avanzata sarebbe comunque cospicua, ma lontana dagli attuali sondaggi e dalle aspettative che suscitano nell’elettorato.

Come la mettiamo con le due anime di M5s?

Attenti alle semplificazioni: le anime di M5s sono più di due, Fico e Di Battista non sono la stessa cosa. Farei più attenzione alla composizione regionale di M5s. I gruppi parlamentari risentono molto della provenienza geografica e questo potrebbe dar luogo a esiti non prevedibili.

Beppe Grillo ha detto che la Torino-Lione non si farà, Fico gli è andato subito dietro dicendo che “la Tav non serve”. Però lei prima ha detto che cambieranno idea, perché?

Risulterà che interrompere i lavori costerà più che portarli a termine, commissione o no (la commissione costi-benefici, ndr) poco importa.

(Federico Ferraù)

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