Tutti hanno visto! L’assenza dei vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini quando il presidente del Consiglio conte ha riferito in aula sulla “vera” manovra, quella concordata con l’Europa che ha permesso all’Italia di uscire dall’angolo dei cattivi, non è passata inosservata a nessuno.
E molti si sono affrettati a leggere il quadretto che incastonava i ministri dell’Economia e degli Esteri al fianco del premier come una mancanza di rispetto, l’ennesima sfida lanciata all’Unione Europea o, peggio ancora, un modo per far ricadere sulle spalle del presidente del Consiglio la totale responsabilità di una trattativa mal digerita e mai completamente condivisa dai due leader di maggioranza. Insomma una presa di distanza netta e senza appello verso il “partito della trattativa”, assieme all’ennesimo guanto di sfida lanciato in modo inequivocabile ai burocrati di Bruxelles.
Un’interpretazione troppo unanime da destare sospetti.
E se fosse accaduto l’opposto? E se, invece, a quel tavolo i due leader di maggioranza, Salvini e Di Maio, non fossero stati fatti accomodare?
Delle due l’una: o i vicepremier all’unisono disconoscono la nuova manovra uscita dalle stanze della Commissione europea, ed allora non dovrebbero farla votare dai loro Gruppi consiliari; oppure, da presenzialisti quali si sono dimostrati in questi mesi di Governo giallo-verde, la loro assenza alla conferenza stampa del Governo appare incomprensibile. Anzi, inconcepibile se non valutata nell’ambito di una pubblica e plateale resa dei conti tra le due anime dell’esecutivo: il partito europeista — vincente — guidato dal triumvirato Conte-Tria-Moavero ed il partito antieuropeista — perdente — capeggiato dagli stessi Salvini e Di Maio.
Una “vendetta”, per così dire, consumata in diretta tv come fu quella tra Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis, che portò in breve tempo alle dimissioni turbolente del falco, ortodosso ed antieuropeista ministro dell’Economia.
Ma a guardar bene, l’esclusione dei vicepremier dal tavolo del “Governo vincente” appare solo un primo assaggio di una strategia che a distanza di appena 24 ore è tornata a manifestarsi.
A nessuno, infatti, può essere sfuggito come ai funerali trentini del giornalista Antonio Megalizzi, trucidato nell’attacco terrorista ai mercatini natalizi di Strasburgo, non vi fosse il competente ministro dell’Interno Salvini bensì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella accompagnato dal presidente del Consiglio Conte.
Ovvero i pilastri del “Partito dei Responsabili” oggi vincente al Governo.