Nessuno può farsi illusioni, soprattutto dentro la maggioranza gialloverde: il difficile per il governo viene adesso. Lo si è visto praticamente nell’ultima lunghissima notte di Palazzo Madama alle prese con la legge di bilancio, con i senatori dell’opposizione a bussare con forza alla porta della commissione Bilancio, mentre all’interno leghisti e pentastellati non riuscivano a far quadrare i conti, e litigavano comma per comma in un clima di caos generale che non ha forse precedenti nella storia istituzionale italiana.



L’ultimo atto della manovra andrà in scena a Montecitorio fra Santo Stefano e Capodanno, e avverrà in un clima infuocato. Al netto di imprevedibili scivoloni non sarà che l’antipasto di quel che accadrà all’indomani dell’Epifania, quando si tratterà di scrivere, e in fretta, i testi legislativi collegati che conterranno le norme dettagliate per concretizzare le due misura bandiera, il reddito di cittadinanza, e la riforma della legge Fornero sulle pensioni. Il diavolo, si sa, sta nei dettagli. E per ora i dettagli non ci sono, e le due onerose promesse elettorali sono poco più che semplici stanziamenti nel testo della legge di bilancio.



Nonostante i due vicepremier abbiano cantato vittoria dopo l’accordo con l’Europa recepito dal testo votato dal Senato, scrivere le regole dettagliate per reddito e quota 100 non sarà affatto facile. Si comincia in un clima di sospetti reciproci, con i grillini che temono un eccesso di freno da parte dei leghisti, ad esempio.

Con gennaio, però, i motivi di frizione dentro la maggioranza non potranno che aumentare. Salvini fa già sapere che riprenderà la battaglia sia per la legittima difesa, sia per l’autonomia delle regioni del Nord (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), due temi in grado di far venire l’orticaria a una rilevante fetta di grillini.



Ci sono poi gli strascichi delle norme più bislacche inserite nella manovra, dalla deroga per chi ha esercitato professioni sanitarie senza titoli (di matrice grillina), al rinvio delle nuove norme sulle spiagge, sino all’esclusione dalle gare dei lavori pubblici al di sotto dei 150mila euro. Una norma quest’ultima fatta inserire dalla Lega, ma che fa inorridire il presidente della Commissione Antimafia, il pentastellato Nicola Morra.

Come se non bastassero le ragioni interne alla maggioranza, a rendere difficile la vita del governo potrebbe essere una crescente pressione esterna. C’è il malcontento dei ceti produttivi, soprattutto al Nord, che fanno parlare linguaggi simili a imprenditori e sindacati sull’assenza di politiche per lo sviluppo, per le grandi opere infrastrutturali, per le imprese. Ma non si può escludere anche un effetto delusione da parte di chi sta attendendo il reddito di cittadinanza, o di andare in pensione, qualora dovesse trovarsi escluso dalla platea dei beneficiari.

Il 2019 si apre quindi carico di incognite per il governo di Giuseppe Conte, anche se Di Maio e Salvini ripetono in continuazione che durerà cinque anni. Intanto Alessandro Di Battista torna in Italia, e la sua figura potrebbe trasformarsi nel catalizzatore degli scontenti a 5 Stelle. Sul versante opposto il leader leghista ritrova gli alleati storici del centrodestra nella designazione del candidato comune per le regionali abruzzesi. E qualcuno giura di avergli sentito dire ai fedelissimi di tenersi pronti, perché, approvata la legge di bilancio, si entra in campagna elettorale.

Non è chiaro se il riferimento sia solo alle europee di fine maggio, di sicuro qualcosa dentro la coalizione dovrà essere messo a punto. L’ipotesi di una crisi di governo che precipiti verso le elezioni sembra essersi un po’ affievolita grazie all’intesa con l’Unione Europea sul bilancio, ma rimane sullo sfondo e non può essere esclusa del tutto. All’esecutivo serve però un nuovo slancio.

Esiste un termine della Prima Repubblica che calza a pennello: verifica. Al contratto di governo serve un aggiornamento robusto, al gabinetto un elenco condiviso di cose da fare nel nuovo anno. Che ne esca un rimpasto o meno è in fondo secondario. Senza una verifica della rotta il rischio dell’incidente che fa finire la navicella governativa sugli scogli rimarrà costantemente dietro l’angolo.