Quando il leader attuale della Lega e in pectore dell’Italia Matteo Salvini organizzava l’evento di piazza del Popolo a Roma l’8 dicembre scorso, era per portare il suo partito al centro e fuori dall’angolo dell’estremismo sterile. Ma come la celebre rondine che da sola non fa primavera, così un’adunata da sola non fa un partito di governo.
Il rischio è infatti che possa essere cominciata la caduta di Salvini. Infatti dopo l’evento romano, quando Salvini si è presentato come “presidenziale”, non c’è stato un cambiamento radicale delle sue posizioni.
Il leader della Lega continua a twittare sulle sue preferenze alimentari, è scivolato malamente con un abbraccio cordiale a un signore condannato per spaccio e violenze. Soprattutto è onnipresente in tv, ma è da solo, non ha una squadra di governo.
In porta c’è il fido Giancarlo Giorgetti, e davanti in attacco, da solo, c’è lui. Gli altri nove della squadra in campo e la panchina, che tutti, abbiamo capito, è tanto più forte quanto è più lunga, invece non ci sono.
La scena assomiglia molto a quella vista di recente. Matteo Renzi solo un paio di anni fa pareva il padrone del mondo. I sondaggi lo davano a percentuali cosmiche, un’elezione europea lo aveva promosso con quasi il 41% dei voti.
In quel momento di numeri folli, però, forse diede i numeri. Guidava il paese da solo con un piccolo cerchio magico. Rapidamente diventò autoreferenziale, perse il contatto con il polso del paese e poi perse voti e consensi fino ad arrivare ad oggi, quando cerca la rivincita organizzando un suo partito lontano dai fasti di quel 41% di soli quattro anni e mezzo fa.
Salvini è sulla stessa china? Ha raggiunto il suo massimo e ora comincia prima la fase di crescita piatta e poi il declino?
Non è chiaro. Però è chiaro che se non dà sostanza alle promesse di essere uomo di governo, con una squadra adeguata e robusta, resta debole. Oltre ai facili slogan contro l’immigrazione e per l’ordine pubblico non c’è molto. Paolo Savona spinge per una riforma della Ue, una politeia europea; è una idea solo sua? Oppure è anche del governo e della Lega? E se non lo è, cosa vuole fare Salvini con l’Europa?
È chiaro che se vuole diventare un leader storico e non un fenomeno passeggero, la strada è ancora lunga. Mao prese possesso del partito nel 1941 in una conferenza a Yanan dopo aspri dibattiti interni con personaggi di enorme carattere e cultura come Zhou Enlai, Yao Ming, Liu Shaoqi, Gao Gang.
Il programma di Mao era intellettualmente poi molto sofisticato: il socialismo avrebbe avuto successo in Cina solo con “caratteristiche cinesi”, che significava prendere le distanze dall’Urss e cercare anche rapporti con gli Usa. Alla fine questa politica non funzionò, ma non importa. Nel 1941 la proposta era forte, anche perché la politica imposta dall’Urss alla Cina non aveva portato la vittoria.
Certo la Cina non è l’Italia e Salvini non è Mao, ma la parabola dell’altro Matteo (Renzi) è tanto vicina.