“Non c’è esempio analogo nella storia della Repubblica italiana di uno sfondamento elettorale come quello fatto dalla Lega”. Così dice Carlo Buttaroni, presidente dell’istituto di sondaggi Tecnè. Uno sfondamento che adesso è totale, con il 18,4% raggiunto nel Sud che significa un +12,1% rispetto a quanto raccolto alle ultime elezioni: “La Lega da movimento votato solo al Nord è adesso un partito nazionale che non parla neanche più della sua vecchia bandiera, il federalismo”. Ecco cosa ci ha detto.
Nonostante le critiche dei media e il dibattito parlamentare al limite della rissa, i giudizi positivi sulla manovra sono dati dal 36% degli italiani. Questo significa che il consenso al governo è alto, come mai secondo lei?
Siamo in una fase dove i partiti di maggioranza fanno anche da opposizione.
Cosa intende?
Da una parte i 5 Stelle sono in calo da diverse settimane, mentre la Lega ha un consenso molto positivo se pensiamo che arriva dal 17% di prima delle elezioni e adesso è al 32,8%; è un aumento del 15,4%. Il governo si tiene su consensi alti perché un partito compensa l’altro. In ogni caso gli effetti della manovra ce li avremo solo a gennaio, al momento non si può dire in realtà che la manovra abbia inciso sull’opinione pubblica.
L’esito della trattativa con l’Ue vede invece un’alta percentuale di chi pensa che il governo abbia fatto marcia indietro, il 36% degli italiani. Una percentuale come questa non può non aver toccato anche gli elettori dei partiti di maggioranza.
In misura molto piccola, in realtà. Chi pensa che non è cambiato nulla sono gli elettori dei partiti di maggioranza, una quota importante ritiene che si è cambiato in parte ma era inevitabile. Infine tra i partiti di maggioranza quelli che pensano sia stata una retromarcia sono pochi, sotto al 15%, una minoranza.
Lei ha misurato il consenso territoriale di Lega e M5s: cosa può dirci?
La Lega cresce al Sud, i 5 Stelle perdono un po’ ovunque. I leghisti erano un partito i cui consensi prima di Salvini esistevano solo al Nord. Già il 17% prima del voto diceva che c’era stata una crescita al centro. Il fatto che adesso la Lega superi il 30% è perché prende voti in tutta Italia. Non ci sono casi analoghi nella storia della Repubblica italiana di un partito che cresce così tanto insediandosi poi in aree dove non contava nulla. La Lega oggi è un partito nazionale, c’è stata la grande trasformazione genetica, possiamo chiederci la bandiera federalista che fine abbia fatto.
I 5 Stelle invece? Perdono consenso perché sono confusionari o perché hanno deluso chi credeva nelle loro promesse?
Entrambe le cose. Hanno comunque ancora un consenso alto soprattutto al Nord, ma è un consenso che deriva dalle aree più sofferenti, gli sconfitti dalla crisi e dalla globalizzazione. Poi c’è anche la delusione per chi si aspettava che il reddito di cittadinanza fosse un diritto e adesso ha capito che non è così. Pagano anche un prezzo politico: erano un movimento che non faceva compromessi con nessuno, invece l’alleanza con la Lega ha dimostrato che anche loro li fanno.
Cosa chiedono oggi gli italiani alla politica? Giustizia? Lavoro? Sicurezza sociale?
In Italia oggi i temi economici sono fondamentali, sono la vera discriminante del consenso. La prima cosa che gli italiani chiedono alla politica è il lavoro e quindi cose come il reddito da lavoro e da pensione. C’è anche il grande timore che si riapra la crisi, da cui in realtà non siamo mai usciti, e comunque che ci sia una nuova fase acuta. Queste sono le priorità che sentono gli italiani e chiedono alla politica di risolvere.
Di che gradimento gode oggi Mattarella? E’ ancora considerato il garante, l’arbitro, il risolutore delle crisi?
Il presidente della Repubblica ha assunto un ruolo che prima del voto nessuno gli dava. Ha fatto breccia nel cuore degli italiani, piace anche la sua pacatezza, è cresciuto di consensi.
Conte invece?
Rimane stabile, viene visto come chi tiene insieme Salvini e Di Maio, anche se i due sono comunque considerati i veri leader.
Draghi? In molti lo vedono come sostituto di Conte in caso di crisi di governo.
Viaggia alto, ma meno di Conte, sotto al 50%. E’ visto come Mattarella, sono figure di garanzia che quando vengono evocate hanno consenso, hanno un peso nel momento in cui sono chiamate in causa.
(Paolo Vites)