E adesso? Dopo il ritiro di Minniti dalla corsa alla segreteria, cosa accadrà nel Pd?
Niente! Zingaretti continuerà la sua corsa, rinfrancato dalla perdita di un avversario autorevole che potrebbe addirittura trasformarsi in alleato qualora dovesse esserci una candidatura benedetta dal senatore di Scandicci.
Mentre i renziani, che non molleranno facilmente la segreteria, andranno avanti con la strategia di impedire la vittoria a qualsiasi candidato (ovvero il raggiungimento del 50% dei consensi alle primarie) per poi giocarsi la partita del Nazareno direttamente in assemblea.
La presenza di Minniti era, per i renziani, la certezza della non vittoria di Zingaretti. Con l’uscita di scena dell’ex ministro degli Interni le strategie del giglio magico saranno necessariamente ritoccate. Ma non più di tanto.
Illuminanti, a tal proposito, le parole dell’ex sottosegretario alle Comunicazioni Giacomelli, rutelliano della prima ora e direttore d’orchestra assieme all’ex ministro Lotti dell’elezione alla segreteria toscana della fedelissima renziana Simona Bonafè: “quello che non possiamo fare è trascinare una situazione indefinita fino alle ore a ridosso della scadenza delle candidature. Quindi, se oggi non ci sono fatti espliciti e conclusivi bisognerà ragionare su un nuovo assetto del congresso”.
Tradotto: senza un accordo su un nome gradito, i renziani giocheranno la loro partita.
Con una candidatura? Macché! La strategia resta quella: votare un poco tutti (soprattutto gli outsider) per non far eleggere nessuno. E rimandare la scelta del segretario alle segrete stanze.
Ma nelle parole di Giacomelli si legge la vera posta in palio di questo congresso. Ovvero l’egemonia culturale del Pd. Ossia la definitiva resa dei contri tra eredi del Pci (ormai ridotti all’osso dopo l’uscita dei vari Bersani, D’Alema) e gli eredi assai più agguerriti e ben strutturati della Dc.
Balza infatti agli occhi come nessuno dei candidati alla segreteria provenga chiaramente dalle fila della “balena bianca”. Tutti, annusando l’aria, si sono defilati declinando ogni invito. È capitato con Guerini e, in queste ore, con Delrio, ormai troppo distante dal cerchio magico per poter ambire al soglio nazareno.
Insomma, tutti coperti. E tutti in attesa della sconfitta degli ex comunisti candidati (e dei loro danti causa; in primis l’africano Veltroni, l’ultimo dei mohicani) e l’apertura di un tavolo di trattativa tra ex Dc per la successione a Renzi.
Che, da consolidata tradizione (sia rossa che bianca), non potrà essere un anti-Renzi. Anzi!