“Aho, questo se’ ‘i magna ancora tutti quanti!”: passata da poco la mezzanotte, il commento del tassista scolpisce la reazione istintiva di tanti che ieri sera, dopo aver seguito lo show di Silvio Berlusconi da Bruno Vespa – simpatizzanti o antipatizzanti, elettori o detrattori che fossero di Forza Italia – non hanno potuto fare a meno di confrontare il mattatore con i suoi due antagonisti, Luigi Di Maio, detto Giggino da Vincenzo De Luca e dal suo alter ego Maurizio Crozza, e Matteo Renzi, detto in nessun modo perché non sta più simpatico neanche agli autori satirici. Un confronto schiacciante, a favore del vecchio biscione.
Il contratto-2, la vendetta – come Bruno Vespa avrebbe potuto intitolare il suo “Porta a porta” di ieri con l’ex Cavaliere – è stato un successo. Superficiale, di facciata, di pura comunicazione senza sostanza: ma pur sempre un successo. Dentro, non c’è nulla di veramente serio, nulla di veramente nuovo – l’obiettivo di portare l’occupazione italiana oltre la media europea è un’iperbole che fa sorridere -, nulla di più affidabile delle ciarlatanerie dei programmi dei Cinquestelle e del Pd. C’è però la “marcia in più” personale, innegabile, che Berlusconi ha sempre avuto nel rapporto con il suo elettorato: la simpatia.
In meno, c’è che il mattatore, quando il 4 marzo arriverà, avrà tagliato da qualche giorno il bel traguardo degli 81 anni e 5 mesi, che sono tanti, che tagliano le prospettive sul futuro, e questo nonostante ieri abbia mostrato un’ottima forma fisica, alzandosi e sedendosi a stantuffo dalla poltroncina bianca di Vespa senza mai appoggiarsi ai braccioli e abbia limitato solo a due gli inciampi verbali, limitandosi a definire “modulo 130” il 730 e a usare un’unica volta “lire” anziché “euro”… E abbia anche – vivaddio! – autoironizzato che oggi ha più capelli di diciassette anni fa grazie al suo tricologo…
Berlusconi è vecchio, insomma, per quanto lo neghi con tutta la forza del suo lifting. La sua resilienza conferma che l’Italia non è un Paese per giovani, tanto più se poi l’under 40 nuovo sarebbe Di Maio, il disoccupato del congiuntivo; o il Rottamatore di Rignano, riuscito nel miracolo di sbriciolare in due o tre anni, sull’altare del proprio ego enorme quanto infondato, il capitale pazzesco di quel 40% di consensi acquisiti alle europee dal suo partito. Berlusconi è vecchio e non ha allevato attorno a sé nessun comprimario credibile. Tanto da dover continuare in questo gioco surreale del Mister X, il premier misterioso, che non può rivelarsi neanche a 18 giorni dal voto perché “impegnato in un altissimo incarico”, e chi sarà mai: Papa Francesco?
È vecchio e solo, anche. Amato, sicuramente, da tanti. Ma solo. La partita delle liste l’ha gestita con Licia Ronzulli, una brava ragazza, infermiera, priva di qualunque storia e cultura ed esperienza politica personale; e con l’avvocato Ghedini, certamente un ottimo professionista nel suo campo, meritevole per la costanza dell’impegno difensivo a favore del suo cliente ormai unico, ma a sua volta distante anni luce dalla figura dell’uomo politico dotato di una sua visione e di una sua autonomia che vada al di là del riflettere la luce del capo. Di che squadra si può mai parlare? Nessuno, nel cerchio magico berlusconiano, che si possa immaginare omologo al Gianni Letta di vent’anni fa, gran manovratore di governo a Palazzo Chigi; e anche in azienda, nessuno che possa oggi validamente ambire al ruolo-chiave tuttora svolto da Fedele Confalonieri. Come se il tempo si fosse fermato mentre il tempo, brutta bestia, non si ferma mai.
Fin qui la sostanza dei fatti. Ma la sostanza della comunicazione è un’altra. In questa fase esasperata di comunicazione politica, Berlusconi, che mescola istintività e pianificazione come nessun altro, è infatti ancora il numero uno; la scelta di rifare il contratto con gli italiani diciassette anni dopo, sempre da Vespa, sempre sulla stessa scrivania, rispolverando uno sketch di successo come se fosse un sequel di Guerre Stellari copre, certo, la mancanza di idee veramente nuove, ma è brillante, proprio perché neanche gli avversari hanno idee nuove e quelle apparentemente nuove dei Cinquestelle stanno avvitandosi nel ridicolo di giorno in giorno. Certo, Berlusconi ha giocato in casa, in supercasa, perché il pur formalmente ineccepibile Vespa sta a lui e al suo modo di dialogare come Ollio stava a Stanlio, cioè è più di una spalla ed è un perfetto, complementare partner comico. Ma la bravura, la resa scenica di questi snodi, è indiscutibile.
E come tutti i grandi mattatori, sarebbe ingiusto accusare Berlusconi di deliberata menzogna: quando fa le sue tirate, nel momento in cui le fa, è pure sincero. Che poi ciò che dice corrisponda a ciò che farà, è tutt’altra cosa, ed è francamente impensabile. Nove anni abbondanti di governo, con tanti fuochi d’artificio e qualche buon risultato ma scanditi soprattutto da tanti errori, dimostrano che la capacità attuativa dell’esperienza berlusconiana è stata ben poca. Certo, la difesa storica del Cavaliere rispetto a chi lo accusa di insuccesso ha una sua forza, perché si concentra sul “fuoco amico” del caso-Fini, sulla persecuzione internazionale suscitata dal rischio di un risorgimento italiano che avrebbe infastidito Francia e Germania, sulla persecuzione mediatico-giudiziaria innegabile, anche se in uno Stato di diritto una sentenza in giudicato, quale quella che rende oggi Berlusconi incandidabile, va rispettata e considerata valida fino ad eventuale pronunciamento della Corte di giustizia europea… Però resta il fatto che soprattutto nella legislatura 2001-2006 Berlusconi ha avuto il Paese in mano e non ha saputo mantenere le promesse grazie alle quali lo aveva conquistato.
Eppure: eppure, se continua così, se in questa campagna elettorale sgangherata i suoi avversari continuano a sbagliare come stanno facendo, Berlusconi rischia di vincere davvero. Per poi vedersela con dei partner – Matteo Salvini e Giorgia Meloni – che hanno la metà dei suoi anni (45 e 43) e probabilmente, in cuor loro, lo considerano un genio rincoglionito. Ma si sa: la vittoria è un forte collante.