Qualcuno potrebbe domandarsi per quale ragione la campagna elettorale della piccola Italia dovrebbe entrare nel mirino di gruppi hacker state sponsored. Semplicemente perché esistiamo, come esisteva il Vietnam oltre mezzo secolo fa. In un mondo completamente interconnesso, anche economicamente, la politica del nostro Paese potrebbe, in qualche oscuro disegno, trasformarsi in un fattore capace di spostare gli equilibri mondiali. Le vere ragioni non sono investigabili, ma le modalità operative sono note, come quelle della Guerra fredda della seconda metà del Novecento. 



Se mai dovesse arrivare l’attacco la prima ondata sarà nell’ambito dell’information warfare, il campo di battaglia in cui contano le notizie e la loro interpretazione, il luogo in cui  le informazioni si diffondono in secondi, raggiungendo milioni di persone. La grande rete assolve il suo ruolo di grande piazza in cui aizzare le folle e manipolare il loro comportamento: obiettivi privilegiati diventano i social network che raccolgono, interpretano, catalogano il web sentiment delle masse e sono in grado di indirizzare il messaggio giusto alla persona giusta nel momento giusto. 



Il fenomeno è già emerso in occasione delle elezioni statunitensi e diventerà sistemico perché nell’economia che regge il governo dello scacchiere internazionale è decisamente a buon mercato, tanto quanto una banale campagna pubblicitaria: spiccioli per uno Stato. L’utilizzo spregiudicato di fake news e il ricorso allo schema delle post verità, per cui l’opinione conta più della realtà, saranno le forme standard di un’offensiva nell’information warfare. Il veicolo saranno gruppi sui social, campagne pubblicitarie mirate, video virali su Youtube, catene di Sant’Antonio virtuali sui sistemi di messaggistica. Tutti strumenti low cost, ma di grande effetto e poi potrebbe arrivare il colpo a effetto. Il confine dell’azione si sposta verso il vero e proprio atto criminale. 



L’esempio più evidente di questo tipo di azione è stato il caso Macron. Nell’occasione il candidato Emmanuel Macron vide pubblicate sui social migliaia di email sottratte dalle caselle di posta del suo staff e dei leader del movimento il giorno del voto per l’elezione del nuovo presidente. Oltre a dimostrare l’inutilità del “silenzio elettorale” in un mondo in cui domina Internet, esemplificò la possibilità di influenzare il voto fino all’ultimo secondo. In questa grande zona oscura rappresentata dalla Rete la vera difficoltà è stabilire chi effettivamente sia il manipolatore. Per esempio, nel caso di Macron alcuni hanno ipotizzato una manovra dello staff del candidato per dimostrare che non aveva nulla da nascondere, considerando che il materiale divulgato non conteneva alcunché di compromettente. La verità su Internet resta una chimera. In ogni caso un attacco di questo genere, se ha colpito uno o più dei nostri leader politici, si è già verificato, ma lo scopriremo soltanto mentre andremo alle urne. 

Tutto sommato anche la “piccola” Italia può aspirare a essere “vittima” di qualche manipolazione, magari state sponsored o forse assolutamente autoctona: per il momento AnonPlus ha colpito Salvini e il Pd, i pentastellati hanno ancora una volta fatto i conti con la loro nemesi virtuale Rogue0, ma questo non è importante, perché la vera partita sarà quella che si svolgerà il giorno delle elezioni quando qualcuno potrebbe giocare la sua “ultima carta”.