Dopo il clamore sull’inchiesta della bancarotta presunta del presidente cinese del Milan, “Dataroom” di Milena Gabanelli torna oggi sul Corriere della Sera su un nuovo capitolo dell’ampio fronte povertà, dal titolo “I parametri di povertà: sei dentro o fuori?”. Come ha ribadito di recente Eurostat, l’Italia è il Paese in Europa con il più lato numero di persone a rischio di povertà; l’Istat ha poi precisato quantificandoli in 4 milioni e 742.000, ovvero un milione e 600mila famiglie non hanno mezzi di sostentamento. Il Governo Renzi prima e quello Gentiloni poi confermandolo, hanno lanciato il Reddito di Inclusione (Rei) che da gennaio prevede per tutti i poveri italiani (ma anche per gli stranieri con permesso di soggiorno residenti da almeno due anni) un assegno con forme diverse di assistenza. «Per ottenerlo nella famiglia ci deve essere almeno un minore, un disabile, una donna incinta o un ultra 55enne senza lavoro. Dura 18 mesi ed è compatibile con una forma di lavoro, ma non con altre misure di assistenza, come l’indennità di disoccupazione. Per non perderlo si deve seguire in percorso di reinserimento nel mondo del lavoro», spiega ancora Dataroom di Gabanelli. Il problema, come evidenzia l’inchiesta, sono sempre i requisiti (ad oggi bisogna avere un ISEE inferiore a 6mila euro, cifra davvero bassissima) per accedervi che spesso vengono messi troppo bassi escludendo una buona fetta di famiglie che restano in difficoltà; al momento, il costo del Rei per lo Stato nel 2018 è di 2,55 miliardi di euro, e salirà a 2,75 nel 2019.
LE PROPOSTE DEI PARTITI
All’interno dell’inchiesta di Milena Gabanelli viene fatto un utile riassunto sulle principali proposte sul tema povertà dei tre maxi gruppi elettorali in sfida nelle imminenti Elezioni del 4 marzo: il Partito Democratico, che intende confermare il ReI aumentando le cifre, propone di raddoppiare le risorse per il Reddito di inclusione. Non sono però specificate le coperture dei 4/5 miliardi di euro che sarebbero necessari. Per Berlusconi, Salvini e Meloni invece il programma sull’emergenza povertà parte dal cosiddetto “Reddito di dignità” dove il centrodestra intende portare l’assegno di 1000 euro a persona, senza però ancora bene stabilire i requisiti per l’accesso e i parametri. «Azzeramento della povertà assoluta con un grande Piano di sostegno ai cittadini italiani in condizione di estrema indigenza, allo scopo di ridare loro dignità economica», si legge nel programma, con la Gabanelli che contesta «Non sono specificate coperture, né vi è una quantificazione economica. Silvio Berlusconi in alcune interviste ha parlato di «reddito di dignità», un sostegno economico di mille euro, ma non è chiaro se si riferisce ai pensionati sotto questa soglia o a quei 4 milioni 750mia italiani in condizione di povertà assoluta. La misura non compare nel programma elettorale di Forza Italia, non ha coperture specifiche ed è difficilmente quantificabile».
CONCLUSIONI
Da ultimo, il famoso Reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle che prevede da programma per tutti i cittadini italiani, europei e stranieri un reddito sulla base dell’indicatore di povertà dell’Unione europea. Il M5S propone che lo Stato contribuisca a versare alla persona, o alla famiglia, la cifra che manca per raggiungere la cifra minima considerata necessaria per sopravvivere. «Quanto costa allo Stato il Reddito di Cittadinanza? Secondo i calcoli dell’Istat la proposta del Movimento 5 Stelle peserebbe 14,9 miliardi di euro per un totale di 8 milioni e mezzo di persone, a cui il partito di Grillo aggiungerebbe altri 2,1 miliardi per rafforzare le politiche attive del lavoro per un totale di 17 miliardi di euro», si legge nell’inchiesta del Corriere della Sera, che però si interroga sulla mancanza di reale coperture oltre a generiche tagli alla spesa pubblica, recupero evasione fiscale e perché no anche sformante del deficit sul debito, come ha più volte confermato lo stesso Luigi Di Maio. In conclusione, come ha segnalato la stessa Gabanelli nel servizio di inchiesta sui parametri di povertà in Italia, per il Parlamento, che ha bocciato il Reddito di inclusione italiano definendolo insufficiente, i Paesi membri dovrebbero fissare una cifra minima di almeno 6/10 del reddito minimo. «È chiaro che questa misura è sostenibile dentro ad un piano di crescita economica, dell’occupazione e di contrasto all’evasione fiscale. Per ora, questo piano complessivo, indispensabile alla tenuta del sistema, nessun partito lo ha proposto. Qualunque misura alla fine si adotti – e andrà adottata – rischia di scaricarsi ancora una volta sul debito pubblico», conclude Dataroom.