“A differenza dei partiti, il M5S ha indicato impegni di spesa e coperture punto per punto. Abbiamo bisogno di 75 miliardi, che copriremo attraverso i tagli agli sprechi e lo spostamento di 40 miliardi di agevolazioni fiscali da voci di bilancio improduttive e dannose per l’ambiente”. Vito Crimi, senatore del Movimento 5 Stelle, rispondendo alle domande del Sussidiario, elenca le maggiori proposte che i grillini intendono attuare qualora vincessero le elezioni del 4 marzo.
Sul lavoro e l’economia, superamento del Jobs Act, ma rafforzamento di Industria 4.0, “perché la nostra stella polare è l’innovazione”. Nei rapporti con l’Europa, vanno ridiscussi “quei trattati che hanno impedito alla nostra economia di reagire alla crisi”, a partire dal Fiscal compact, che va “messo in soffitta”. Spazio, invece, a “politiche del lavoro, sociali e fiscali comuni” e la richiesta, sul fronte dell’immigrazione, che “ciascun Paese europeo faccia la sua parte nell’accoglienza”. Anche la riforma Fornero va superata. Quanto al reddito di cittadinanza, “non è un sussidio”, ma “una misura attiva che permette a chi non ha reddito sufficiente per vivere di formarsi e reinserirsi nel mondo del lavoro, con l’obbligo di accettare una delle prime tre offerte, pena la perdita del beneficio”. Poi bisogna investire di più, con qualità, nella sanità e agganciare la valorizzazione del nostro patrimonio culturale al turismo. E dopo il voto, “non ci saranno inciuci o scambi di poltrone, ma di certo non lasceremo il Paese nel caos”.
La rincorsa alle promesse facili riguarda tutti i partiti. A quanto ammontano gli impegni di spesa che il suo partito mette in campo e come pensa di coprirli?
A differenza dei partiti, il MoVimento 5 Stelle ha indicato impegni di spesa e coperture punto per punto. Per finanziare il nostro piano di investimenti produttivi, il reddito di cittadinanza, il superamento della Fornero, la riduzione delle tasse su famiglie e imprese e altre misure espansive necessarie a rilanciare l’economia abbiamo bisogno di circa 75 miliardi di euro a regime, che copriremo attraverso i tagli agli sprechi e lo spostamento di 40 miliardi di agevolazioni fiscali da voci di bilancio improduttive o dannose per l’ambiente. Pensiamo che solo rifiutando la logica delle grandi opere inutili possiamo recuperare quasi 7 miliardi di euro. Una parte di investimenti verrà finanziata con deficit aggiuntivo, così da aumentare l’impatto espansivo della nostra politica economica. Si tratta al massimo di 10 miliardi annui, che ci consentiranno di rimanere abbondantemente sotto il parametro del 3% deficit/Pil.
Ritiene che i provvedimenti che hanno avuto effetti positivi sull’economia reale vadano comunque mantenuti? Quali sono, secondo lei, gli effetti del Jobs Act e di Industria 4.0?
Riteniamo che il Jobs Act sia stato un fallimento totale. Non è retorica elettorale, lo diciamo da quando è stato approvato. Ha avuto l’unico effetto di creare una bolla occupazionale gonfiata da 20 miliardi di incentivi alle imprese. Una volta ritirati gli incentivi, la bolla si è sgonfiata e oggi più del 90% dei nuovi contratti sono a termine. Industria 4.0 è un tema a noi caro, mentre il governo ha parlato tanto e ha messo pochi soldi. Di certo confermeremo l’iperammortamento, ma andremo molto oltre, con un piano di investimenti nei settori strategici, stanziando 1,2 miliardi per la banda ultra-larga e l’Internet of Things e utilizzando con maggiore efficienza i 5,7 miliardi di “Agenda Digitale”, al fine di accorpare le 16mila banche dati della Pa e ridurle a 10. La nostra stella polare è l’innovazione, che deve far rima con semplificazione e qualità della vita.
Un tema rilevante riguarda l’Europa: ha senso dichiararsi sovranisti senza se e senza ma, oppure difensori altrettanto acritici di un assetto “guidato” da Germania e Francia? Come rimettere in primo piano gli interessi dell’Italia?
La nostra posizione è pragmatica. Riteniamo che in questa fase ci sia lo spazio in Europa per ridiscutere quei trattati che hanno impedito alla nostra economia di reagire alla crisi. Il nostro governo sarà credibile sul lato del rapporto debito/Pil, ma in cambio chiederà di mettere in soffitta il Fiscal compact e il pareggio di bilancio e di rilanciare gli investimenti produttivi. Abbiamo bisogno di una nuova politica industriale, altrimenti diventeremo un’economia dipendente dai soli investimenti esteri, con tutti gli effetti negativi sull’occupazione e sulla qualità del lavoro che ne derivano. Il caso Embraco di questi giorni è emblematico. L’Europa, se vuole rimanere davvero unita, deve rifondarsi su tre pilastri: politiche del lavoro, sociali e fiscali comuni. Solo uniformando questi tre ambiti potremo ottenere un’Europa comunitaria, in cui si viaggia tutti alla stessa velocità e si tutelano gli interessi di tutta la comunità.
L’immigrazione: quali proposte credibili per una politica di controllo che possa mettere insieme accoglienza e interventi realmente efficaci contro i casi di delinquenza, a cominciare dall’occupazione sistematica dei treni dei pendolari al Nord?
Senza un piano di assunzioni nelle commissioni territoriali è tutta retorica elettorale. Noi, rafforzando le commissioni con 10mila nuovi innesti, vogliamo velocizzare drasticamente le procedure di identificazione per capire chi ha diritto all’asilo e che invece va rimpatriato. Perché – ricordiamolo – chi ha diritto all’asilo, una volta ottenuto, potrà viaggiare verso gli altri Paesi europei, dove fin da principio avrebbe voluto andare, bloccato in Italia dal trattato di Dublino, e non ci sarà nessun muro, nessuna frontiera che potrà impedirlo. Nel contesto europeo, invece, lotteremo per una revisione degli accordi di Dublino: il principio irrinunciabile, senza il quale non esiste l’Europa, è che ogni Paese deve fare la sua parte nell’accoglienza di chi ne ha diritto. L’Italia non può essere penalizzata per la sua posizione geografica. Sul fronte della sicurezza interna, ci sono due priorità che andremo ad affrontare: la costruzione di due nuovi istituti carcerari e l’assunzione di 10mila unità di personale nelle forze dell’ordine.
Quali sono le ricette del suo partito per lavoro, crescita e lotta alla povertà, al di là dei sussidi a carico dello Stato previsti da tutte le forze politiche?
Quali sussidi? Il nostro reddito di cittadinanza non è solo una misura anti-povertà, ma soprattutto una misura attiva che permette a chi non ha reddito sufficiente per vivere di formarsi e reinserirsi nel mondo del lavoro, con l’obbligo di accettare una delle prime tre offerte, pena la perdita del beneficio. Altro che assistenzialismo. Per la crescita c’è il forte impulso alla domanda interna che produrremo con il nostro piano di investimenti ad alto moltiplicatore, con la banca pubblica di investimento per le imprese e con la riduzione strutturale dell’Irpef e del cuneo fiscale. Una crescita di qualità, rispettosa dell’ambiente e dei diritti del lavoro, è in grado di produrre occupazione stabile, che è la chiave per un aumento della natalità e una maggiore sostenibilità delle finanze pubbliche, comprese quelle dell’Inps. Agendo sui problemi strutturali, cioè la mancanza di investimenti produttivi, si vanno a risolvere anche quelli derivati, come il debito e la stagnazione.
Nessuno parla di sanità: ritiene che il servizio ai cittadini sia adeguato, che sia migliorabile a partire dalle liste d’attesa e che le differenze qualitative tra Nord e Sud possano essere ridotte o annullate?
Noi ne parliamo da quando siamo in Parlamento. Il Fondo sanitario nazionale è stato decurtato di oltre 20 miliardi di euro dal 2012 a oggi, con gli effetti che stiamo imparando a conoscere: allungamento delle liste d’attesa, rinuncia alle cure per più di 12 milioni di italiani, migrazione dei malati verso la sanità privata. La nostra sanità pubblica e universalistica era ai vertici mondiali sia per efficacia che per efficienza e noi vogliamo rifinanziarla, assumendo anche 10mila unità di personale tra medici e infermieri. Abbiamo un piano da 12,5 miliardi di euro, finanziabile con la lotta agli sprechi, e le risorse liberate dalla digitalizzazione del servizio sanitario, sulla quale spingeremo a fondo.
Quali proposte e soluzioni per gli anziani, visto che il nostro Paese sta invecchiando?
Superare la legge Fornero è una priorità. Girano cifre folli, ma la verità è che con il nostro pacchetto pensioni abbassare l’età pensionabile costa solo 11 miliardi di euro. Con quota 41 consentiremo ai cittadini di andare in pensione dopo 41 anni di contributi versati, quale che sia l’età anagrafica. Con quota 100 si potrà andare in pensione quando la somma di età contributiva ed età anagrafica fa 100. Vogliamo anche bloccare per 5 anni l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita e allargare la categoria dei lavori usuranti. Infine, all’interno del nostro pacchetto per le famiglie, prevediamo l’introduzione dell’Iva agevolata al 4% per l’acquisto di dispositivi e protesi per la terza età e l’innalzamento dell’importo detraibile per l’assunzione di colf e badanti.
Valorizzare il patrimonio culturale italiano a favore dei giovani e dell’occupazione: cosa propone il suo partito?
La cultura, in un’ottica di valorizzazione economica e occupazionale, è legata a doppio filo con il turismo. Abbiamo intenzione di dedicare al turismo un ministero ad hoc, che agisca in sinergia con quello dei Beni culturali. Una regia nazionale della valorizzazione turistica e culturale è fondamentale, dato il nostro invidiabile patrimonio diffuso su tutto il territorio. L’altro pilastro è l’aumento degli investimenti lungo tutta la filiera culturale, raggiungendo e superando l’1% sul Pil, da cui oggi siamo distanti. Infine, occorre promuovere un modello di cultura diffusa, creando dei veri e propri distretti culturali e valorizzando i meccanismi di mecenatismo e crowdfunding. In questo senso, rafforzeremo l’Art bonus, cioè il credito d’imposta per le persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura. Allargheremo lo spettro dei beneficiari e la platea dei potenziali donatori.
L’Italia ha sottoscritto nel 2015 l’Agenda 2030 dell’Onu e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile: come intende raggiungere questi obiettivi? Che misure intende adottare per il clima?
Il M5S in tema di ambiente ed energia ha il programma più avanzato in assoluto e prevede non solo di rispettare quegli obiettivi, ma di spingere la comunità internazionale verso traguardi ancora più ambiziosi. Abbiamo elaborato un piano energetico per uscire dalle fossili entro il 2050 con tappe intermedie come lo stop al petrolio entro il 2040 e lo stop al carbone entro la fine della legislatura. Un piano che punta su efficienza energetica, fonti rinnovabili e mobilità sostenibile. Sempre in tema ambientale, puntiamo sull’economia circolare, con l’estensione della raccolta domiciliare e la tariffa puntuale in tutti i Comuni d’Italia e il passaggio industriale al recupero totale della materia e la riduzione dei rifiuti anche attraverso la leva fiscale, chiudendo man mano tutte le discariche e inceneritori. Dall’economia circolare si possono ottenere oltre 200mila posti di lavoro stabili e di qualità. Da ricerche ufficiali, ogni miliardo di euro investito in efficienza energetica, rinnovabili, economia del riciclo, bonifiche del territorio, opere per contrastare il dissesto idrogeologico porta 17mila posti di lavoro. Un ruolo centrale in questa transizione ambientale e produttiva lo avrà la nostra banca pubblica di investimenti, che finanzierà a tassi agevolati le piccole e medie imprese virtuose.
Nel caso di un risultato elettorale che non assicuri la governabilità, come pensate di muovervi? Quali alleanze si sente di escludere in ogni caso?
La situazione di caos e instabilità che potremmo avere dopo il 4 marzo è figlia della legge elettorale che i partiti hanno voluto con il solo scopo di impedire al MoVimento 5 Stelle di andare al governo. Ma, alla fine, questa legge si è ritorta proprio contro di loro, perché con questi numeri per fare un governo si dovrà passare per forza dal MoVimento 5 Stelle. Il giorno dopo le elezioni, se non dovessimo avere la maggioranza assoluta, faremo un appello pubblico a tutti i partiti, mettendo al centro i temi per migliorare la qualità della vita degli italiani e vediamo chi avrà il coraggio di dire no. Non ci saranno inciuci o scambi di poltrone, ma di certo non lasceremo il Paese nel caos.