Mancano ormai pochi giorni all’appuntamento con le elezioni politiche 2018. Un appuntamento importante per gettare le basi di una nuova legislatura e far proseguire il Paese verso la strada della ripresa economica. Nella campagna elettorale si è parlato forse molto di politica interna e poco di quella estera, pur fondamentale per un Paese che fa parte dell’Unione europea e in uno scenario globale piuttosto complesso. Abbiamo quindi intervistato Paolo Alli, candidato di Civica Popolare al Senato sul collegio uninominale di Mantova.



Onorevole, com’è stata questa campagna elettorale ormai agli sgoccioli?

Troppo lunga e troppo breve. Lunga perché a livello di dibattito (e anche scontro) politico è iniziata con la campagna del referendum del 4 dicembre 2016, breve perché la formazione delle liste è avvenuta a ridosso dell’approvazione della legge elettorale e quindi alla fine è durata poco più di un mese. Lo dico con dispiacere perché gli incontri che ho avuto modo di fare in queste settimane sono un’esperienza così positiva, qualunque sarà l’esito del voto di domenica, che ti ridona l’orgoglio di fare politica e servire il Paese. 



Eppure la campagna elettorale a molti sembra un rito stanco…

Lo è se non ci si mette in gioco e in ascolto delle persone, delle associazioni, delle imprese. In questo mio viaggio nella realtà del mantovano e di parte del cremonese, una realtà che conosco da tempo sia perché sono stato coordinatore di Alternativa Popolare, sia per la lunga esperienza in Regione Lombardia, ho incontrato persone e realtà straordinarie: imprese di diversi settori che hanno sofferto la crisi ma hanno saputo reagire, una filiera agricola giovane, dinamica, ricca di tradizione e di innovazione insieme, giovani pieni di domande e di voglia di capire. E, a dispetto dell’antipolitica, ho trovato grande attenzione e rispetto per un percorso come il mio: le persone apprezzano chi ha maturato competenze ed esperienze a servizio delle istituzioni.



Come Presidente dell’Assemblea Parlamentare Nato lei è impegnato anche su tematiche diverse da quelle di cui si è parlato in campagna elettorale. Com’è la politica italiana vista da questa prospettiva?

Se parliamo di questa campagna elettorale, certamente troppo ripiegata sulle beghe di casa nostra, la politica estera è totalmente assente, quasi che l’Italia possa concepirsi fuori dalla complessità e dalla gravità di quanto accade nel mondo. Se guardiamo invece a quanto fatto dai governi italiani di quest’ultima legislatura, allora il bilancio è molto positivo. Pensiamo all’efficienza dei nostri sistemi di difesa e di intelligence: se oggi la nostra popolazione non si sente così minacciata non è perché il pericolo sia passato, ma perché la prevenzione e il contrasto funzionano. Pensiamo alla recente votazione del Parlamento europeo a favore della revisione del Trattato di Dublino, che in questi anni ha imposto condizione inique nella gestione dei fenomeni migratori ai Paesi di primo approdo come l’Italia, la Grecia, l’Ungheria. È una revisione a cui i governi italiani hanno lavorato alacremente e la continuità in materia di politica estera sarà decisiva per raggiungere un risultato coerente con la sicurezza, la solidarietà e la civiltà dell’Europa e il destino di tanti uomini disperati. Il voto del 4 marzo sarà decisivo anche per la politica estera italiana: scegliere la coalizione di centrosinistra, scegliere Civica Popolare significa scegliere una politica convintamente e concretamente europeista e atlantica. E questo, per il bene comune, è tutt’altro che un dettaglio. 

E in materia di politica interna?

Scegliere Civica Popolare e la coalizione di centrosinistra significa dare continuità a una politica economica e del lavoro che ha favorito e assecondato la ripresa e rimesso in moto innovazione e lavoro giovanile. A una politica della salute che ha combattuto il nuovo oscurantismo delle mode antivaccinali, ha riconosciuto professioni sanitarie rimaste per anni ai margini della titolarità medica, ha creato condizioni di maggiore tutela – anche legale – per i malati. A una politica sociale che ha prodotto la riforma del Terzo settore e del Servizio civile, le leggi sul Dopo di noi, sugli sprechi alimentari, sulla povertà e il Reddito di inclusione. Non penso che “faccia bene” al bene comune interrompere questo processo positivo di riforme e di ripresa del Paese.

Eppure tanti amici con cui ha lavorato in Regione Lombardia e anche in questi anni in Parlamento hanno preso strade diverse. Come vive questa “separazione”?

Certamente con dispiacere, perché sono convinto che la scelta per il centrosinistra sia lo sviluppo più naturale di una storia che ci ha visto capaci di un grandissimo slancio riformista e sussidiario in Regione Lombardia e di un impegno responsabile, ma anche molto creativo nel sostegno ai governi Letta, Renzi e Gentiloni. Ma sono certo che la serietà e la passione per il bene comune di tanti amici che hanno scelto altre strade ci farà incontrare nuovamente e lavorare insieme nella concretezza dell’azione politica.