Le prossime elezioni italiane avranno come al solito la partecipazione dell’enorme popolo di nostri connazionali residenti all’estero. Gruppo multiforme in cui sono presenti persone che lavorano all’estero, ma in gran maggioranza emigrati diretti o figli o parenti di italiani che nel corso dei secoli hanno cercato “l’America” scrivendo pagine struggenti della nostra storia. Da sempre sono loro riconoscente per la semplicissima ragione che mi hanno permesso di vivere in un Paese che, avendo meno bocche da sfamare specie dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, ha accorciato i tempi della ricostruzione del nostro caro “stivale” e del suo decollo a ottava (o settima) potenza mondiale che purtroppo al giorno d’oggi non è più.



Oltretutto mi sono accorto (lo si vede chiaramente vivendo all’estero) come una certa Italia nella quale sono cresciuto e che tanto mi ha dato stia sparendo (non solo per l’innegabile gap generazionale) e che molte cose che altrimenti farebbero parte dei miei ricordi sopravvivono e si mantengono benissimo ad esempio qui in Sudamerica. Pare incredibile, ma, tanto per fare un esempio, dialetti che da noi sono scomparsi perché i paesi da dove provenivano non esistono più, qui in Argentina, da dove vi scrivo, non solo si parlano, ma si insegnano. Potrei continuare quasi all’infinito nel descrivere fatti di questa Italia che da noi non esiste più o sta sparendo, ma questo è un semplice articolo e non un libro. 



Perdoniamoci certe elaborazioni della nostra cucina, ovvie se pensiamo alle influenze dovute all’incontro con altre culture, cosa su cui ho scritto tempo fa: in generale la sensazione che si ha è che specie in Sudamerica si costruirà la culla di una cultura che purtroppo sta spegnendosi (o evolvendosi, secondo i punti di vista). Per fortuna dopo anni di miracoli compiuti da personaggi che definirei eroici, visto che hanno messo basi o costruito cose o relazioni senza ricevere un aiuto concreto dalla Madre Patria, ci si è accorti dell’importanza del continente latinoamericano e si stanno iniziando a instaurare relazioni commerciali finalmente serie (prossimo trattato Ue-Mercosur che dovrebbe costituire una pietra miliare, Brasile permettendo…). Un futuro quindi che si prospetta positivo, ma veniamo all’argomento elettorale.



La comunità italiana all’estero apporta circa il 5% dei voti e in un paio di occasioni è stata di fondamentale importanza per la costituzione di alcuni Governi (si pensi al Prodi 2001), visto che i rappresentanti eletti permisero delle fragili e machiavelliche maggioranze politiche. C’è anche da dire che, specie nei referendum, si è visto come il voto estero non sia supportato da un’adeguata informazione della situazione italiana e quindi possa portare una moltitudine che l’Italia non la vive a decidere sul futuro di chi ci sta. E qui sorge una delle grandi lacune che gli stessi emigranti reclamano a gran voce, già descritta in precedenza: l’assenza di un ponte culturale e istituzionale con la Madre Patria. E quindi la considerazione che la politica dà a questa enorme massa di italiani all’estero. La mancanza completa di un piano oltretutto per approfondire un interscambio che, specie al giorno d’oggi, possa fornire pure all’Italia quella spinta anche psicologica perché no?) in grado di spingerla verso una positività che al momento non si avverte nella grande depressione che stiamo vivendo: quale migliore lezione per esempio da un’Argentina che nel corso dei decenni ha saputo superare montagne russe economiche?

I candidati che si presentano dall’America latina si dividono in due grandi gruppi: quelli che sono diretta emanazione di partiti italiani e quelli riuniti in movimenti che rappresentano le molteplici associazioni italiane presenti sul territorio. Quest’anno c’è una novità che dovrebbe tranquillizzare sui possibili brogli elettorali occorsi in passato: oltre al minuzioso controllo delle schede elettorali e la loro spedizione che ha comportato notti in bianco da parte del nostro corpo consolare c’è anche l’istituzione di un codice a barre che impedisce o dovrebbe farlo le più ingegnose furbate.

Poi la tornata delle promesse elettorali cucite “ad personam” sui nostri connazionali “esteri” ha una novità: quella di un gruppo parlamentare che ha scelto come immagine un passaporto italiano con lo slogan “Cittadinanza express”. Visto che il fatto rientra pure nei programmi di altri movimenti, ricordiamo agli elettori che i due anni che occorrono, una volta presentata la necessaria documentazione, per l’ottenimento del passaporto sono frutto di una legge e non dipendono certo dall’impegno del personale dei consolati: i tempi lunghi sono frutto di ricerche caso per caso moltiplicate per il numero altissimo di richieste da espletare. Si ascoltano spesso reclami che a volte si leggono sui social network e che in molti casi provengono da persone inviperite per la questione, ma che spesso non parlano nemmeno una parola d’italiano e sono spinte alla richiesta per i vantaggi che un passaporto nostrano (uno dei più ricercati al mondo) comporta. Per accelerare i tempi si è estesa la possibilità di ottenere un turno via internet per l’espletamento delle pratiche in tutti i giorni dell’anno (prima era solo uno) e facilitazioni per il primogenito nato da genitori già in possesso di cittadinanza.

A questo punto non ci rimane che augurare ai nostri connazionali “Buon voto a tutti!”.