I leader politici accreditati come vincenti, Berlusconi e Di Maio, continuano a fornire garanzie a Bruxelles e agli investitori esteri che il paese avrà un governo stabile. Per tutta risposta, l’altro ieri Bridgewater ha venduto allo scoperto le azioni di 18 società ad alta capitalizzazione azionaria. In altre parole, le scelte ribassiste del fondo speculativo più importante del mondo scommettono sull’instabilità politica del paese. Insomma, visti da fuori non lasciamo sperare nulla di buono. Per Stefano Folli, editorialista di Repubblica, le garanzie fornite da Berlusconi non valgono molto se Forza Italia non supererà nettamente la Lega. La stessa possibilità di fare una coalizione con Renzi è appesa al risultato del Pd. E qui si inserisce il copione di Romano Prodi.



Bridgewater scommette contro l’Italia. Davvero il nostro paese è il target ideale di una speculazione al ribasso? 

Bridgewater e con lui altri fondi dimostrano di non credere a tutte le promesse elettorali che vengono fatte. Ma la loro è una scommessa solo finanziaria, nessuno può decidere se in Italia ci sarà o no una recessione. I mercati finora sono rimasti abbastanza tranquilli, lo spread è sceso fino a 125 punti. L’unico modo che i leader hanno per evitare brutte sorprese al paese è preoccuparsi di costruire una vera stabilità.



Berlusconi a Bruxelles avrebbe garantito che il suo alleato Salvini non sarà mai al governo, mentre Di Maio è tornato nella City per dire di essere pronto a governare con tutti. In che razza di campagna elettorale siamo?

In quella dei giochi di parole. Di Maio ha detto che M5s proporrà il suo programma e governerà con chi ci sta. Ha parlato come in un talk show, ma non si fa così quando si hanno davanti degli investitori internazionali, i quali abituati come sono alle cose concrete hanno recepito che i 5 Stelle sono pronti a fare maggioranza con chiunque.

E Berlusconi?

Può aver detto che la Lega non avrà in mano le leve della politica economica e non condizionerà il governo. Il messaggio ricevuto è che Berlusconi stesso garantisce che la Lega sarà fuori dal governo. Ma Berlusconi oggi non è in grado di fare una promessa del genere. O meglio, conoscendolo magari l’ha pure fatta, ma mantenerla non dipende da lui.



Può anche voler fare a meno della Lega, lei dice, ma ci vogliono i numeri per poterlo fare.

Sì e la cosa non è scontata. Berlusconi può liberarsi della Lega a due condizioni. La prima è che i suoi voti più quelli di Renzi diano una maggioranza solida. Per capirci, con 2-3 seggi di differenza la loro coalizione non starebbe in piedi. Con 15-20 seggi di margine il discorso cambia.

E se non li hanno?

Non si fa alcuna grande coalizione e quindi Berlusconi deve rimangiarsi il proposito di governare senza la Lega.

La seconda condizione per farne a meno?

Avere così tanti voti da poter fare a meno di Salvini. A Berlusconi però servirebbe un vantaggio molto significativo, direi almeno 8 punti. Dipende poi da come va la Lega. Se Salvini ottiene il 13 per cento a livello nazionale, come dicono i sondaggi, vuol dire che la percentuale al Nord è molto più alta. 

E moltissimi parlamentari saranno eletti con i voti di Forza Italia e Lega insieme.

Appunto. Come ci si libera di un partito che nella parte cruciale del paese è determinante in tutti i collegi uninominali? Come si fa a dire ai neoeletti di abbandonare la Lega per imbarcarsi in un’avventura quantomai incerta? Se i numeri saranno quelli di oggi — 17 a 13, 18 a 14 — Berlusconi avrà le mani legate.

Prodi ha gelato Leu dicendo che voterà per il centrosinistra e per chi lavora per la sua unità. Che cos’ha in mente?

Prodi, per la posizione che ha e la storia che ha avuto, darà un aiuto misurato, il minimo sindacale. La sua mossa è collaborativa proprio perché se le cose dovessero andare male, si prepara ad avere un ruolo nella ricomposizione e nella rigenerazione del centrosinistra.

Ci sarà ancora un Pd il 5 marzo?

Nel Pd la situazione è pesante. Il risultato di Bersani, quel 25 per cento di cui Renzi si faceva beffe a suo tempo vantandosi di avere il 40, è diventato la sua ancora di salvezza. Se il Pd scendesse sotto una certa soglia, ritrovandosi per ipotesi al 21, si aprirebbe una resa dei conti anche se Renzi controlla saldamente gli eletti.

Dopo il voto la Bonino non potrebbe avere un ruolo maggiore, facendo da trait d’union tra Renzi e Berlusconi? 

Il ruolo della Bonino, come ho scritto a suo tempo, sarebbe stato più credibile e incisivo se avesse avuto il coraggio di presentarsi da sola. Avrebbe raccolto il malessere di quanti non vogliono votare Renzi e avrebbe superato il 3 per cento senza problemi. Adesso invece porterà in parlamento solo se stessa e un paio di collaboratori.

(Federico Ferraù)