La sparatoria di ieri a Macerata ha ferito sei persone innocenti ma ha anche, inevitabilmente, insanguinato la campagna elettorale. Luca Traini ha il cranio rasato, è stato candidato nella Lega al consiglio comunale di Corridonia, prima di aprire il fuoco sui ragazzi di colore ha esploso dei colpi davanti a una sede del Partito democratico, ha fatto il saluto romano al momento dell’arresto e guidava una vettura di colore nero, come le camicie del Ventennio. Ha premuto il grilletto di una Glock, la pistola semiautomatica usata dalle polizie di mezzo mondo, un’arma da professionisti del tiro. Razzista, neofascista, leghista. L’orribile fine di Pamela Mastropietro è già archiviata, soppiantata da altra vergogna. Un pazzo armato, uno squilibrato pericoloso, un provocatore di professione è diventato la rappresentazione di una destra fatta soltanto di odio, intolleranza e violenza.



Le parole più sensate sono arrivate da Matteo Renzi. Lo Stato è più forte di questo personaggio squallido e folle catturato grazie al coraggio delle forze dell’ordine, ha detto il segretario Pd. “Verrebbe facile tenere alta la polemica verso chi ogni giorno alimenta l’odio contro di noi — ha aggiunto —. Ma sarebbe un errore: è tempo di calma e di responsabilità, davvero. Abbassiamo subito i toni, tutti. Non strumentalizziamo questa vicenda. Lasciamo la campagna elettorale fuori da questo terribile evento. Lo Stato c’è”. Anche Luigi Di Maio ha invitato al silenzio e a non fare campagna elettorale sulla pelle della povera Pamela e dei sei africani feriti.



Ma gli appelli alla responsabilità, una parola che sparisce da ogni campagna elettorale, sono rimasti isolati. Roberto Saviano ha definito Salvini “mandante morale” della sparatoria, che va considerata “un atto terroristico di matrice fascista”. Per Pietro Grasso il segretario leghista è “responsabile di odio”. Massimo Giannini, firma di punta della Repubblica, ha parlato di “paranza dei razzisti che nasce dall’odio inoculato dalle destre”. Parole pesanti anche da Laura Boldrini: “Incitare all’odio e sdoganare il fascismo come fa Salvini può provocare azioni violente e trasforma le nostre città in un Far west”.



Di peggio è successo a destra, dove Matteo Salvini non preso distanze nette dall’agguato. Mentre Silvio Berlusconi ha bollato la sparatoria come il “gesto di uno squilibrato che non può essere ricondotto a una lucida connotazione politica”, il suo alleato e aspirante premier leghista ha attribuito la colpa all'”immigrazione fuori controllo”, all'”invasione organizzata, voluta e finanziata in questi anni” che “porta allo scontro sociale”. La condanna verso l’aggressore (“chiunque spari è un delinquente a prescindere dal colore della pelle”) è suonata come un atto dovuto. Non è il “pieno sostegno” dato a Traini da Forza Nuova, ma non ci siamo troppo lontani. Roberto Maroni ha invece liquidato apertamente lo sparatore come “criminale fascistoide”.

In campagna elettorale Salvini pensa di cavalcare il malcontento popolare offrendo sponde a Traini o chi per lui. Ma questo potrebbe costare caro alla coalizione. Per guadagnare qualche voto per sé, il leader leghista non teme di fare perdere al centrodestra i consensi di quella quota di indecisi che oscillano tra gli ambienti moderati e non sopportano le intemerate estremiste. Costoro tra un mese potrebbero essere indotti a votare altrove. Il gioco di squadra non è di casa nella coalizione a quattro gambe. Ma prima che una mossa tattica, la condanna netta di un episodio così grave dovrebbe essere un dovere di coscienza.