Il 40% dei giovani è lontano dalla politica e solo il 35% aderisce convintamente ad una delle forze in campo. Sono alcuni dei dati che emergono da uno studio in corso di pubblicazione nell’edizione 2018 del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo. L’indagine è dell’ottobre scorso e il campione (3034 persone di età 20-34 anni rappresentativo su scala nazionale) arriva come una conferma della profonda sfiducia dei giovani verso gli attuali partiti politici. “C’è nei giovani un desiderio di contare — dice al sussidiario Alessandro Rosina, docente di demografia e statistica sociale, coordinatore scientifico del Rapporto Giovani — ma si esprime con modalità diverse dal passato e i partiti tradizionali non riescono (e non si impegnano) ad intercettarlo”. Ma ci sono delle differenze. Se 4 giovani su 10 bocciano tutte le forse politiche, 6 giovani danno la sufficienza ad almeno un partito, e di questi la metà vede favorevolmente il M5s. “I giovani — spiega ancora Rosina — lo sentono meno lontano e più in grado di dar voce alla loro insofferenza verso un paese che non scioglie mai davvero i suoi nodi e li esclude”.



Dall’ultima indagine dell’Istituto Toniolo emerge una forte disaffezione dei giovani per la politica. Il 40% se ne dichiara lontano. Quali sono i motivi di fondo di questa distanza?

Ci sono due aspetti da tener presente per comprendere le scelte di voto delle nuove generazioni, uno relativo alla domanda e uno relativo all’offerta politica. Riguardo all’offerta politica, è forte la convinzione, tra i giovani italiani, di vivere una condizione di svantaggio in termini di investimenti, spazi e opportunità rispetto sia alle generazioni precedenti sia ai coetanei degli altri paesi sviluppati.



E Rispetto alla domanda di politica?

Nelle nuove generazioni la partecipazione è più fluida e flessibile, rispetto a quella dei propri genitori e nonni. E’ meno guidata da grandi ideali e più orientata a risultati concreti e associata a una propria esperienza positiva di arricchimento personale. Esiste comunque un desiderio di contare nei processi decisionali collettivi che però si esprime con modalità diverse dal passato e che i partiti tradizionali non riescono (e non si impegnano) ad intercettare.

Il panorama politico italiano offre però diverse opzioni, visto che in lizza ci sono almeno quattro formazioni di peso. Perché nessuna riesce ad attirare con forza l’elettorato più giovane?



Evidentemente molti giovani non vedono nulla di nuovo e trovano poco di convincente nell’attuale offerta politica. Una buona metà di chi si dichiara lontano da tutte le opzioni in campo è distaccata profondamente da tutta la politica e sta scivolando verso una condizione di totale disinteresse. L’altra metà continua a rimanere in qualche modo informata, ha un proprio orientamento politico, ma non si sente rappresentata dagli attuali partiti e dai loro leader. Nessuno, in questa campagna elettorale, è ancora riuscito davvero a rivolgersi ai giovani in modo credibile e coinvolgente, toccando le corde giuste di ciò che li appassiona e li mobilita in modo costruttivo.

Esiste però un 35% di giovani che aderisce con convinzione ad almeno un partito/movimento. La quota maggiore premia il Movimento 5 Stelle. Perché? E’ solo una scelta dettata da frustrazione, delusione, protesta?

Solo poco più di un giovane su tre è convintamente vicino ad una delle forze in campo. E tra questi prevale decisamente il M5s. E’ quello che, fin dalla sua nascita, ha cercato di rivolgersi in modo preferenziale ai giovani, di usare il loro linguaggio, di porsi in modo diverso dalle logiche del passato, di fornire un’offerta politica su misura delle loro frustrazioni. Non ci è riuscito pienamente, ha evidenziato molte contraddizioni, ma rimane quello più attento, nei propri slogan e programmi, alle nuove generazioni. I giovani lo sentono meno lontano e più in grado di dar voce alla loro insofferenza verso un paese che non scioglie mai davvero i suoi nodi e li esclude.

Secondo lei, al di là delle misure adottate (per esempio, gli sgravi per i neoassunti, il bonus ai 18enni etc), manca una visione organica sulle politiche a favore dei giovani?

Questo è il limite principale. Manca una visione di paese all’interno della quale le nuove generazioni possano riconoscersi e che possano contribuire in prima persona a realizzare con strumenti adeguati. Da troppo tempo le condizioni dei giovani italiani sono tra le peggiori in Europa rispetto all’occupazione, al rischio di povertà, alla mobilità sociale, alla partecipazione ai processi di innovazione. Tutto questo non si cambia con gli incentivi per qualche posto di lavoro in più, ma mettendo le basi di un modello di sviluppo che assegni alle nuove generazioni il ruolo di motore propulsivo.

La generazione dei 20-34enni, come ebbe già a dire Mario Draghi, pur essendo la più istruita, è una risorsa che il paese non riesce a utilizzare come meriterebbe e come dovrebbe. Perché? Che cosa si potrebbe fare per recuperarla e valorizzarla?

Dobbiamo partire da quello che il Paese vuole essere tra 15 anni, in coerenza con le sue specificità e vocazioni e con le grandi trasformazioni del mondo del lavoro. E in base a questo preparare le nuove generazioni con le conoscenze e competenze migliori per arrivare a realizzare tale progetto di paese, allineando politica, imprese e famiglie in quella direzione. Se continuiamo invece a navigare a vista continueremo ad avere giovani che si adattano a rimanere in un paese ai margini di un mondo che corre, o decidono di partecipare da protagonisti a tale corsa altrove.

Cosa va ricostruito nei giovani? Hanno realmente smarrito qualcosa, l’interesse per la “cosa pubblica” di cui sopra? Come riproporre questo “interesse”? Va riproposto o la sua proposta va diversamente ripensata?

Serve una chiamata che dal paese arrivi forte ai giovani: “senza di voi non possiamo né costruire un progetto di paese migliore, né realizzarlo. Iniziamo a progettarlo assieme per poi consegnarlo a voi”. In attesa di tale chiamata, va rafforzato tutto ciò che aumenta nei giovani conoscenza, valutazione critica e consapevolezza sul mondo che cambia e offre a loro strumenti per fare esperienze positive di cambiamento, anche a livello locale, che producano miglioramento nel fare assieme. Rimanere accesi e allenati per entrare in campo al momento giusto, magari anche attraverso una invasione di campo se la chiamata non dovesse arrivare.