Sarà il Festival di Sanremo a dire chi vince le elezioni. Anzi, di più, a dirci cosa sarà dell’Italia. Non è una provocazione: Rino Formica, ministro socialista della prima repubblica, lo pensa davvero.

Formica, è scontro sul corteo antifascista e antixenofobo di Macerata. Minniti lo ha vietato, Anpi ha rinunciato, Forza nuova ci sarà, i centri sociali anche. Siamo realmente un paese razzista e fascista?



Assistiamo al rigurgito di sentimenti che sembravano sopiti o assorbiti dal nostro tessuto sociale, ma quando si diffonde il timore che questi fenomeni possano riemergere, è il segno che la situazione rischia di sfuggire di mano.

“Traini lo avevo visto all’orizzonte 10 mesi fa quando abbiamo cambiato politica dell’immigrazione” ha detto Minniti a Repubblica. Evidentemente qualcosa nella gestione renziana non ha funzionato.



Non c’è dubbio che una politica più realistica dell’immigrazione ha tardato ad essere adottata. Quando lo si è fatto, si sono alternati gli atteggiamenti feroci con quelli caritatevoli. Ma in politica non basta l’analisi corretta della situazione, ci vogliono anche i tempi giusti. Se i provvedimenti arrivano fuori tempo, non risolvono il problema ma lo aggravano. 

Ieri il cardinale Ruini intervistato dal Corriere ha convenuto che siamo in una “fase nuova, nella quale i cattolici rischiano di essere sempre meno rilevanti”. Però la svolta di Gentiloni sui migranti è stata condivisa con la Segreteria di Stato vaticana.



Anche nella Chiesa vi sono linee diverse che non hanno trovato una soluzione unitaria. La linea universalista ed ecumenica si scontra con quella politicamente più realistica. 

Ci sarà una caccia al voto cattolico? 

I politici non possono più contare sull’interlocuzione diretta con la Chiesa. E infatti non lo stanno facendo. Oggi devono parlare con le singole comunità cattoliche, comunicare ai singoli cattolici qualcosa in cui essi possano riconoscersi. 

Questo facilita il gioco ai politici o glielo complica?

Lo complica, perché obbliga la politica, già frantumata, ad una frantumazione ulteriore. Non può più rispecchiare un mondo unitario e nel farlo accentua ulteriormente il proprio grado di frammentazione.

Secondo lei come voteranno i cattolici il 4 marzo?

Difficile dirlo, proprio perché oggi i cattolici sono elettori come gli altri. Non hanno nemmeno dei leader nelle varie liste. Ci sono leader cattolici? Io non ne vedo. Vedo piuttosto singoli battezzati nei vari partiti.

Il voto del Sud è storicamente clientelare. Cosa faranno quegli elettori?

Non è clientelare. Direi così: sono voti che si tengono per mano, legati da vincoli di sussistenza. Nelle aree del sottosviluppo si formano delle comunità fatte di persone che cercano una solidarietà sostitutiva di quella che non arriva dallo Stato. 

Come spiega il fatto che il Sud si prepara a votare in massa per M5s?

E’ il frutto di un errore che dura da trent’anni. Nel paese si è diffusa l’idea che la questione meridionale si spieghi solamente con il parassitismo sociale. Ma questa è la negazione delle ragioni che hanno portato all’unificazione democratica del paese.

Ma perché quell’elettorato cambia bandiera rispetto ai vecchi partiti?

Perché quei partiti sono finiti. La questione meridionale costituiva il programma sociale e la ragion d’essere dei partiti a vocazione nazionale, dal Pci fino alla Dc a al Psi. Distrutti quei partiti, non è più esistita una questione meridionale. E il problema di tenere unite le due Italie non c’è più.

Come andranno le elezioni?

Ce lo dirà il Festival di Sanremo. La vera sorpresa di queste urne non sarà solamente l’espressione diretta degli elettori, ma anche la loro espressione indiretta.

Cioè chi rimane a casa.

Sì. E secondo me la quota dell’astensione sarà pari allo share del Festival di Sanremo.

Perché proprio il Festival?

Perché è il coagulo di un bisogno di evasione disperata dalla realtà.

L’astensione delegittimerà l’intero sistema politico?

Non solo. Ci troveremo con un paese profondamente spaccato tra rassegnazione e ribellione. Non che sia una novità; ma tutto sta nel modo in cui questo avviene. Sentiamoci il 5 marzo.

(Federico Ferraù)