È un momento cruciale per i vincitori, M5s e Lega. Di Maio e Salvini in queste ore dovrebbero capire perché hanno vinto e perché gli altri hanno perso, ciò per capire poi come governare. Perché o l’uno o l’altro ora dovrà provare a reggere lo Stato, altrimenti entrambi dovranno affrontare prestissimo nuove elezioni; ma in tal caso non è certo che ne uscirebbero ancora trionfatori.
Infatti, oggi gli elettori hanno riposto la loro fiducia in loro, ma potrebbero cambiare idea se fra qualche mese, senza nemmeno averci provato, i due rinunciassero a tutto solo per tornare di nuovo alle urne.
Per questo, dalla Cina oseremmo offrire qualche spunto.
Forse il Pd di Matteo Renzi alla fine ha perso perché ha promesso moltissimo e fatto poco; un po’ come Alexis de Tocqueville diceva di Luigi XVI di Francia prima della rivoluzione francese. L’annuncite acuta durata ben oltre un anno ha elevato le aspettative, tradendole poi con i risultati. Non c’è stata la manna dal cielo, né una rivoluzione copernicana. Quindi i risultati, modesti rispetto alle promesse, alla fine lo hanno segnato. Avrebbe dovuto darsi una strategia reale e scegliere gli uomini adatti all’opera. Renzi però non ha fatto né l’una né l’altra cosa, quindi c’è stato il disastro.
Forza Italia di Silvio Berlusconi ha perso forse per motivi diversi. L’ex cavaliere non ha capito che gli italiani volevano da lui moderazione, innovazione e buon governo, come alcuni suoi amministratori avevano dato in alcuni comuni. Invece lui, inventore del “contratto con gli italiani” e del “milione di posti di lavoro”, ha rincorso gli altri nella gara delle promesse impossibili. Roba vecchia, per di più meno gradassa degli altri che invece si sono battuti per abolire il lavoro e distribuire a pioggia il reddito di cittadinanza. A confermare che era merce di seconda mano, nella scelta dei candidati Berlusconi ha rispolverato vecchi profili impresentabili. Ma in questo modo è stato superato o semplicemente non creduto.
Perché invece M5s e Lega hanno vinto sembra più semplice. Uno ha promesso onestà e sbandierato il reddito di cittadinanza, l’altro un ripulisti di immigrati illegali e una nuova politica anti-Ue. Che siano obiettivi realizzabili, importa meno, visto che — come spiegava lo storico Sima Qian — i metodi per restare al potere sono diversi da quelli per arrivarci. Il grande Sima raccontò molto bene come Liu Bang, bandito, fondatore della dinastia Han, si era fatto imperatore e aveva creato un regno di secoli.
Che quindi i leader dei due schieramenti vincitori, Luigi Di Maio o Matteo Salvini, siano stati dei “banditi” promettendo l’impromettibile alla fine non importa. Ora comincia una storia diversa. Devono però fare quello che Renzi non ha fatto (e non fa): darsi un piano realistico e scegliere il gruppo che lo applica. Ciò significa cambiare fondamentalmente registro rispetto al passato. Devono cercare attivamente mediazioni, governare con efficacia maggiore dei loro avversari. Nessuno si aspetta il paese di bengodi, ma di fronte a nuovi fallimenti nessuno crederà al ritornello “anche gli altri lo facevano”. Questa è stato la povera scusa delle sindache a 5 Stelle di Roma e Torino, poi punite dal voto recente.
Attenzione, dunque, perché dopo Luigi XVI tutti i rivoluzionari — Robespierre, Danton, Marat — che non riuscirono a farsi “nuovi sovrani” seguirono il destino del vecchio sovrano: persero la testa.